Entro pochi mese saremo in grado di mettere le mani su Stadia, la piattaforma di Google per il cloud gaming annunciata solo qualche settimana fa, ma già capace di creare attorno a sé un hype notevole. Per capire cosa ne pensano gli addetti ai lavori, facciamo riferimento a un’intervista rilasciata da Amy Hennig sulle pagine di Eurogamer.
Cloud gaming opportunità per l’industria
Classe 1964, vanta una lunga esperienza nel settore videoludico, con una carriera iniziata alla fine degli anni ’80 in Atari, passando poi da Electronic Arts, Crystal Dynamics, Eidos Interactive e Sony Computer Entertainment. Ha contribuito nel ruolo di designer o sceneggiatrice a produzioni del calibro di Blood Omen: Legacy of Kain, Soul Reaver 2, Jak 3 e più di recente alla serie Uncharted nonché allo sparatutto Battlefield Hardline. Oggi è impegnata con un nuovo studio nello sviluppo di titoli destinati la realtà virtuale.
Secondo Hennig, le opportunità offerte da piattaforme come Stadia (ma anche xCloud di Microsoft) sono legate a doppio filo alle difficoltà che sta incontrando l’industria videoludica, sempre meno libera di sperimentare nuovi concept per ragioni prettamente economiche.
Assisteremo all’introduzione di decisioni meno rischiose per quanto riguarda il design dei giochi, perché se al lancio non vengono ben accolte dal pubblico, si perdono parecchi soldi. È per questo che i titoli risultano ripetitivi, perché i team continuano a proporre qualcosa di già testato e consolidato.
Come darle torto? Per anni consecutivi le classifiche di vendita sono state dominate dagli stessi titoli, appartenenti alle stesse serie: gli sportivi (in Italia in particolare quelli calcistici) e gli sparatutto in primis. Di recente si è assistito all’ascesa di Battle Royale come PUBG, Fortnite o Apex Legends con parecchi titoli che li seguiranno per cavalcare l’onda finché possibile.
È l’opposto di quanto stiamo vedendo, ad esempio, con Netflix, dove c’è un’incredibile varietà di fiction, commedie e contenuti di genere drammatico. Dobbiamo fare lo stesso, assicurandoci di dar vita a uno spettro molto più ampio di esperienze interattive.
Insomma, ispirarsi al modello adottato da realtà come Netflix o Prime Video nell’ambito dei contenuti video premium e replicarlo nel mondo dei videogame, proponendo i giochi in streaming, consentendo così a publisher e software house di ripartire in modo ottimale i proventi legati ai titoli AAA, destinandone una parte alla realizzazione di produzioni più sperimentali.
Non vedo l’ora di vedere ciò che lo streaming renderà possibile.