E chi l’avrebbe mai detto: nell’era dell’infodemia, è l’informazione a morire.
Infodemia: “Abnorme flusso di informazioni di qualità variabile su un argomento, prodotte e messe in circolazione con estrema rapidità e capillarità attraverso i media tradizionali e digitali, tale da generare disinformazione, con conseguente distorsione della realtà ed effetti potenzialmente pericolosi sul piano delle reazioni e dei comportamenti sociali”
Fonte: Accademia della Crusca
Nell’era dell’abbondanza, ecco la scarsità incipiente. Potremmo riversare pagine e pagine di argomentazioni sul tema, senza tuttavia venirne a capo poiché, come sempre, soltanto il senno del poi consentirà di analizzare in modo oggettivo questa delicatissima fase di passaggio. Una cosa è certa: quando l’informazione vacilla, a vacillare sono democrazie e società. Il motivo è presto detto: l’impossibilità di accedere in modo puntuale, aperto e semplice alle informazioni più utili implica disuguaglianze in primis e l’assenza di elementi fondamentali ai fini decisionali poi.
Il paradosso è servito: così come quando le informazioni non erano disponibili poiché mancavano i mezzi per divulgarle, allo stesso modo oggi non sono disponibili poiché di mezzi ce ne sono troppi. Le premesse sono differenti, ma l’esito è il medesimo: il cittadino non ha la possibilità di discernere tra le mille fonti a cui può avere accesso e fatica pertanto a trovare una sintesi affidabile della realtà circostante. Ci si trova così facilmente indotti all’errore sia negli investimenti economici che nelle valutazioni politiche, sia nelle interazioni sociali che nelle scelte fondamentali della propria vita. Chi occupa i canali della comunicazione, infatti, ha buon gioco a far passare la propria narrativa ed al tempo stesso chi non ci riesce ha spesso la pessima idea di fare una controinformazione basata (ancor di più, poiché polarizzata) su una logica anti-mainstream, complottista e alternativa.
Le edicole chiudono
Le edicole chiudono a ritmo accelerato. Si sa ormai da anni e questa non è che la punta dell’iceberg. La caduta delle edicole, infatti, è la caduta di un modello di business che negli edicolanti vedeva soltanto parte di un insieme ben più ampio. I numeri descrivono una situazione oggettiva: l’informazione su cartaceo non si regge più in piedi, i giornali non si vendono, le pubblicità non sono redditizie. Si fermano quindi le rotative, così come le distribuzioni; si licenziano giornalisti (l’IA al momento è soltanto una scusante), si snelliscono le redazioni, si sviliscono i rapporti professionali ed il giornalismo diventa mero strumento nelle mani del potere.
Ma il problema va ben oltre il cartaceo ed è questo il motivo per cui concentrarsi sulle edicole sarebbe fuorviante e svilente per la vastità del problema. I dati, infatti, dicono che a precipitare è tutta l’informazione mainstream. Anche i siti Web, infatti, precipitano: secondo i dati PressGazette, nel solo mese di dicembre i dati anno-su-anno indicano -6,8% per The Guardian, -4,9% per NYTimes.com, -12,7% per il sito Daily Mail, -21% per Bloomberg, -16,8% per CNN e -16,8% anche per Google News.
Non a caso a festeggiare è uno come Elon Musk, che proprio sulla disgregazione del mainstream vorrebbe costruire il futuro di progetti come X:
— Elon Musk (@elonmusk) February 9, 2024
L’informazione interessa di meno?
Fin qui i dati. Immergersi nelle spiegazioni diventa ben più complesso, però. Una possibile chiave interpretativa suggerisce di non vedere l’informazione come un sistema morente, ma come un sistema malato. Attorno, infatti, si è formato un ecosistema parassita (=”qualsiasi organismo che viva a spese di un altro“) fatto di social network ed altri sistemi che, pur presentandosi come elementi simbiotici, hanno in realtà spostato il peso economico altrove svuotando di importanza, giorno dopo giorno, click dopo click, l’informazione.
Dunque l’informazione interessa di meno? Proprio in un’epoca di grande cambiamento, dove maggiore sarebbe la necessità di capire cosa ci succede intorno, le persone hanno deciso di rinunciare ad informarsi? Oppure c’è semplicemente una minor soddisfazione nell’investirci su tempo e denaro, e quindi si rinuncia ad informarsi poiché si vede nelle fonti mainstream un mondo che ha abdicato alla propria nobile vocazione informativa?
La strada non è certo tracciata, sebbene il crinale sia decisamente preoccupante. Il problema è antico (il Giornalismo con la maiuscola è sempre stato più una chimera che non una realtà consolidata) e sarebbe un errore di postura far ricadere tutte le colpe sul digitale. La rapida evoluzione che i media hanno vissuto, semplicemente, sta creando un sostrato ben poco fertile e presto o tardi occorrerà porsi il problema in modo serio: cosa vogliamo fare per restaurare l’importanza di un’informazione organizzata, affidabile, plurale e trasparente? Ragionare sulla qualità potrebbe aiutare a mettere ordine nel caos odierno, lasciando che le migliori intuizioni possano venire a galla a prescindere dallo strumento che vi costruirà su un modello di business vincente.
Ad oggi non resta che aggrapparsi alle certezze: si demoliscono le edicole ed il traffico verso l’informazione si riduce. Molta più gente si informa leggendo semplicemente qualche titolo condiviso su Facebook o affidandosi alle riletture dell’influencer di turno. Il rumore di fondo seppellisce le competenze e ad emergere sono i grandi numeri più che la grande capacità. Il meccanismo vizioso è alle sue estreme conseguenze e le prossime tornate elettorali non faranno altro che esacerbare tutti questi pericoli: lotteremo contro i deep fake, ma nel frattempo l’agenda politica continuerà ad essere dettata in un sottobosco giornalistico che non ha più alcuna forza né indipendenza. La logica mainstream e quella antagonistica si contenderanno palcoscenici e prime pagine, lasciando il lettore sempre più confuso ed impreparato ad affrontare epoche di rivoluzionario cambiamento come quelle che abbiamo di fronte.
“Si riparta dalla scuola” tuonerà qualcuno mentre le edicole cadono. Saremo tutti più poveri, quando anche l’ultima sarà caduta, a meno che nel frattempo non avremo nutrito un sano impulso personale a cercare, analizzare, confrontare e capire. Perché quando i flussi di coscienza tornano a convergere in modo virtuoso verso la Verità, ecco che quest’ultima torna ad essere appetibile. E chissà che non si torni ad inseguirla, a prescindere dai like che saprà ottenere.