Tutte le analisi concordano: il mondo delle startup potrebbe subire un feroce contraccolpo dallo shock del lockdown. Ciò può accadere in virtù di una restrizione della liquidità disponibile, nell’assenza di paracaduti in grado di consentire ad una piccola e fragile realtà di resistere quanto basta per superare l’ostacolo e ributtarsi nella crescita. Ecco perché la fotografia composta dal MISE, da InfoCamere e dal sistema UnionCamere, relativa allo stato delle startup in Italia al 30 giugno 2020, è un punto fermo che servirà per capire quanto e come si è lavorato per consentire al sistema di reggere l’urto.
Lo stato delle Startup al 30 giugno 2020
Mai come in questo caso il sistema di monitoraggio del MISE è fondamentale: sentire il polso del mondo startup nei mesi a venire farà la differenza e consentirà di intervenire laddove si rischia di gettare al vento opportunità di cui il Paese potrebbe invece avere necessità nei mesi a venire, quando il rilancio economico tornerà ad essere priorità in un contesto nel quale le attenzioni sono state invece spostate sulla questione sanitaria.
Al 30 giugno 2020 la situazione è la seguente:
- le startup esistenti sono 11496, ossia il 3,1% di tutte le società di capitali di recente costituzione;
- la Lombardia (proprio la regione più colpita dal Covid-19) conta ben il 27,3% delle startup esistenti a livello nazionale, con forte concentrazione (19,6%) sulla zona di Milano;
- i soci di capitale d’azienda sono in aumento dell’1,2% (poco oltre le 53 mila unità);
- “le startup innovative sono soprattutto micro-imprese, vantando un valore della produzione medio di poco inferiore a 163 mila euro“: è questo un dato naturale, visto che le realtà più “mature” escono dallo status di startup mentre nuove realtà di minor dimensione e solidità subentrano tornando ad abbassare la media complessiva;
- l’incidenza delle startup in perdita è più elevata rispetto alla media (51,8% rispetto al 32,8% complessivo), ma a fronte di questa maggior incidenza dell’indebitamento c’è da sottolineare altresì una maggior redditività media (ROI e ROE) e maggior valore aggiunto: anche queste sono ormai caratteristiche del tutto connaturate al sistema startup.
Il capitale sociale sottoscritto complessivamente dalle startup risulta in crescita rispetto al primo trimestre (+13,0 milioni di euro, +2,0% in termini percentuali) attestandosi ora a quota 656,3 milioni di euro; il capitale medio è pari a 57.090 euro a impresa, in lieve diminuzione (-0,6%) rispetto al dato del trimestre precedente
Quest’ultimo dato è particolarmente interessante in prospettiva poiché consentirà di comprendere quanto la crisi da Covid abbia effettivamente pesato sulle attività delle startup. Va considerato infatti come gran parte delle aziende innovative sia attiva nel mondo del software e dell’hardware, il che potrebbe aver messo al riparto parte delle imprese dalla tempesta perfetta piovuta sui mercati.
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Degno di nota è anche il seguente grafico, relativo all’andamento delle startup dal 2014 ad oggi:
Al netto dei numeri assoluti, si noti come siano progressivamente aumentati i soci (linee rosse) mentre siano da anni relativamente stabili i dipendenti (linee blu). Ciò sembra favorire più le logiche di investimento che non quelle di occupazione. Ma questo è probabilmente un segno di buona salute, perché mentre l’occupazione cresce soprattutto con l’imporsi della startup e la sua “evoluzione” ad uno status di azienda tradizionale, l’aumento dei soci è sintomo di un aumento di interesse e di flussi di denaro. L’ecosistema startup sembra dunque più sano oggi di quanto non lo fosse pochi anni or sono ed ora potrà godere di nuove attenzioni per gonfiare ulteriormente di opportunità questo tipo di approccio al mondo dell’impresa. Al netto delle conseguenze del Covid, ovviamente.