Sono tanti, sono ovunque. Anche nei chip. Non solo in quelli consumer grade , ma anche in quelli installati nelle tante, costose, sofisticate e delicate apparecchiature militari statunitensi. Sono dispositivi cinesi, di origine o costruzione asiatica, sui quali i controlli sono spesso inesistenti.
Di chi è la colpa? Probabilmente del Federal Acquisition Streamlining Act e dell’ Information Technology Management Reform Act , due provvedimenti promossi dal governo Clinton tra il 1994 e il 1996. Due leggi, spiega Ars Technica , progettate per definire e facilitare le procedure di acquisto federale, così come l’impiego di apparecchi off the shelf , belli e pronti, in determinati settori.
Preoccupanti le conseguenze denunciate in queste ore: le forze armate americane avrebbero di fronte una crescente minaccia di potenziali malfunzionamenti – nonché di spionaggio straniero – a causa di componenti contraffatti , utilizzati in aerei da guerra, navi e reti di telecomunicazioni. Ne parla Business Week in un preoccupato e allarmato articolo. L’epilogo di una circostanza, per alcuni aspetti, preannunciata ma forse sottovalutata .
I dubbi sollevati e diffusi sulla vicenda riguardano un ampio spettro di scenari, che vanno dal rischio di incidenti gravi a quello della sottrazione di importanti informazioni sensibili, tutto al di fuori di ogni pianificazione e delle più stringenti cautele. L’approvvigionamento di chip dal libero mercato cinese, infatti, non offre tutte quelle garanzie che dovrebbero rappresentare condizione vincolante per il loro impiego in panoramiche tanto delicate.
Oltre alle più diverse dimostrazioni di irragionevole rischio, accuratamente dipinte e seguite nel dettaglio dalla testata finanziaria, l’FBI sta anche indagando su altri scenari ugualmente rischiosi, quali una partita di router “etichettati” Cisco ma rivelatisi falsi, che potrebbero servire ad appropriarsi di informazioni sensibili.
Si tratta – spiega The Guardian – di 400 esemplari , di cui si sono approvvigionati Esercito, Marina e Aeronautica negli ultimi quattro anni. Tutto materiale reperito sul libero mercato cinese, nel quale è facile trovare hardware pseudo-ricondizionato, reimmesso in commercio senza seguire alcuno standard qualitativo e senza verificarne la perfetta rispondenza alle specifiche costruttive. La totale “libertà” di quel mercato e le ormai non trascurabili capacità produttive autonome, inoltre, consentono agli operatori di servirsi di qualunque ricambio compatibile, a prescindere dalla sua autenticità o completa idoneità. Ed è qui che si prospetta il rischio di una vera e propria penetrazione di spionaggio a cui si pensa di porre rimedio ma, necessariamente, richiede tempi tutt’altro che brevi.
Per la particolare gravità della circostanza, Business Week ha preparato uno slideshow , che illustra con quanta facilità il Sol Levante è in grado di realizzare ed immettere sul mercato imitazioni – altrove giudicate contraffazioni – e materiali di dubbia qualità in un vasto campo di tecnologie. In più, per chi lo desidera, vi è uno slideshow in Flash con commento audio in lingua angloamericana, da cui sono state tratte le due immagini sulla destra, davvero sconcertante.
Marco Valerio Principato