Nonostante i tentativi di allentare la tensione tra le parti e la secca replica dei diplomatici di Pechino, gli Stati Uniti non sembrano aver intenzione di arretrare un passo in quello che può essere ormai definito come uno scontro frontale tra due superpotenze mondiali: da una parte gli USA, dall’altra la Cina, nel mezzo Huawei e le accuse mosse nei confronti dell’azienda dalla giustizia americana.
Huawei: le accuse degli USA
Un documento depositato presso la Corte Distrettuale di Brooklyn (Eastern District of New York) mette nero su bianco i capi d’imputazione mossi nei confronti di Huawei (Technologies e la sussidiaria Device USA), di Skycom Tech e della CFO Meng Wanzhou arrestata il mese scorso in Canada. Si parla di frode legata al business condotto in Iran ritenuto in violazione delle sanzioni nei confronti del paese mediorientale e di cospirazione al fine di ostacolare le indagini.
Un altro documento depositato a Washington prende invece di mira Huawei Device e la sussidiaria Device USA per il furto di segreti commerciali perpetrato ai danni di T-Mobile: sarebbero state sottratte informazioni relative al robot Tappy messo a punto dall’operatore per il test degli smartphone. Le carte parlano inoltre di incentivi offerti dall’azienda cinese ai dipendenti in grado di appropriarsi di tecnologie e informazioni appartenenti ai competitor.
Nel frattempo il Canada ha confermato di aver ricevuto dagli Stati Uniti la richiesta di estradizione per Meng Wanzhou. Queste le parole di Christopher Wray, direttore FBI.
Le vicende portano alla luce le azioni sfacciate e continue imputabili a Huawei e finalizzate a colpire le aziende e le istituzioni finanziarie americane, per minare la libertà e la correttezza del mercato globale.
La replica del gruppo cinese
La replica di Huawei non si è fatta attendere. La società afferma di aver provato a intavolare una discussione con il Dipartimento di Giustizia degli USA, vedendo però respinta la proposta. Inoltre, il gruppo ha ribadito la propria posizione in un comunicato affidato alle pagine di Bloomberg.
Neghiamo che l’azienda, una sua sussidiaria o un’affiliata, abbiano commesso anche una sola delle presunte violazioni alle normative statunitensi elencate in ognuno degli atti di accusa e non siamo a conoscenza di alcun comportamento illecito da parte della signora Meng. Crediamo che le corti statunitensi giungeranno alla fine alla stessa conclusione.
Sulla vicenda è intervenuto anche il Ministro degli Affari Esteri cinese, a testimonianza di come il caso stia assumendo proporzioni tali da poter aver ripercussioni sui rapporti diplomatici tra le parti, andando ben oltre le dinamiche che interessano gli equilibri del mercato, in un momento comunque delicato come quello che anticipa l’inizio dell’era 5G.
Chiediamo in modo urgente agli Stati Uniti di smettere di prendere di mira Huawei e le altre imprese cinesi. Chiediamo inoltre di nuovo agli USA di revocare l’arresto di Meng Wanzhou e di ritirare la richiesta formale di estradizione, così da evitare di fare altri passi in questo percorso costellato di errori.
Skycom Tech e l’Iran
Dagli incartamenti si apprende poi che gli Stati Uniti accusano Huawei di aver tenuta nascosta (fin dal 2007) la propria collaborazione con realtà come Skycom Tech. Attraverso quest’ultima, un’azienda con sede a Hong Kong, sono state portate a termine operazioni in Iran violando le sanzioni imposte dagli USA nei confronti del paese. È l’attività che ha fatto scattare le manette per la CFO, che secondo il pubblico ministero nell’agosto 2013 ha tenuto in prima persona una presentazione rivolta ai partner bancari di Huawei affermando il falso in merito ai rapporti con Skycom Tech. La sua udienza a Vancouver è fissata per il 6 febbraio.
Aggiornamento: l’azienda ha affidato alle pagine del sito Engadget una replica più corposa e dettagliata di quella fornita in un primo momento. La riportiamo di seguito in forma integrale e tradotta.
Huawei è dispiaciuta di apprendere delle accuse mosse oggi nei confronti dell’azienda. Dopo l’arresto di Ms. Meng, la società ha chiesto la possibilità di discutere dell’indagine condotta dall’Eastern District of New York con il Dipartimento di Giustizia, ma la richiesta è stata respinta senza alcuna spiegazione. Le accuse del Western District of Washington a proposito del capo di imputazione relativo ai segreti commerciali sono già state oggetto di una causa civile che ha portato a un accordo tra le parti dopo che un giudice di Seattle non ha riscontrato danni né le condotte malevole descritte nella denuncia.