Barrett Brown, giornalista legato al gruppo di hacktivisti Anonymous, è stato condannato a cinque anni di prigione , cui bisogna sottrarre i quasi tre anni già scontati in carcere.
Tra le azioni che lo hanno visto partecipe ci sono diverse offensive condotte sotto il cappello degli Anonymous: non come hacker, ma come comunicatore e diffusore dei dati raccolti dagli hacktivisti, nonché di un video su YouTube da lui stesso caricato, in cui minacciava un agente dell’FBI.
A trascinarlo in tribunale è stata la Corte federale del Texas nel dicembre del 2012, immediatamente dopo la sua pubblicazione del video dall’esplicito titolo “Perché voglio distruggere l’agente FBI Robert Smith”.
Dopo la pena massima (10 anni) inflitta a Jeremy “Anarchaos” Hammond, si tratta di un’altra sentenza esemplare a carico dei responsabili dell’ attacco informatico che ha portato al furto di milioni di email e dati relativi a migliaia di carte di credito, nonché alla distruzione di numerosi dati dell’azienda privata che collabora con l’intelligence statunitense Strategic Forecasting (Stratfor).
La vicenda dell’ attacco a Stratfor , d’altra parte, è una storia complicata a cui sembra essere stata data una soluzione semplice: pene dure ed esemplari, senza incertezze. Eppure gli hacker ora condannati sembrano aver agito sotto la guida dell’allora vertice di LulzSec Hector Xavier “Sabu” Monsegur, che al tempo era già stato intercettato dall’FBI e che da questi sarebbe stato sfruttato per incastrare gli altri membri del gruppo hacktivista.
Hammond al momento della condanna disse che se non fosse stato per l’azione e l’incitamento di Sabu (già sotto il controllo dell’agenzia federale), non avrebbe sferrato diversi degli attacchi che ha condotto.
Pur rischiando 8 anni di pena massima, inoltre, bisogna tener conto del fatto che Brown non fosse direttamente coinvolto in diversi degli attacchi a cui è stato associato : relativamente a quest’ultimo caso, per esempio, era accusato solo per aver copiato ed incollato il link ai dati rubati a Stratfor dalla chat #Anonops a quella chiamata #ProjectPM . Nel prosieguo del processo le autorità hanno fatto cadere questa e diverse altre accuse simili nei suoi confronti, oltre a quella per furto di identità digitale e possesso di carte di credito rubate.
Inoltre, Brown si era dichiarato colpevole di tre dei capi di accusa: “minacce online” (proprio ai datti dell’agente dell’FBI da lui chiamato in causa nel video), “intralcio alle indagini” ( avrebbe in particolare sviato le indagini in seguito all’attacco a Stratfor attirando l’attenzione su una falsa pista) e “favoreggiamento dell’accesso non autorizzato ad un computer protetto”.
Claudio Tamburrino