Il Tribunale di Roma, con un provvedimento di sequestro fermato dal GIP Alessandra Boffi ed eseguito dalla Guardia di Finanza, ha ordinato il sequestro di 152 siti che offrivano ai navigatori la visione di eventi in diretta e film di prima visione direttamente nel loro browser . Nell’elenco dei siti oggetto del provvedimento figurano anche nomi noti come quello di Rojadirecta ( è un periodo complicato per questo servizio e il suo fondatore).
In ballo, come di consueto, ci sono le leggi sul diritto d’autore: la segnalazione da parte della Guardia di Finanza di una serie di illeciti rilevati nel corso delle indagini ha fatto scattare la decisione del giudice, che fa seguito a quello analogo già emesso a inizio 2015 dallo stesso tribunale e che di certo non è una novità sul piano generale. Le dimensioni del cosiddetto sequestro, meglio parlare di inibizione, dovrebbero essere però un piccolo record: mai così tante URL in una sola volta .
La questione è, d’altra parte, complessa: questi siti sono in alcuni casi collocati, in modo più o meno completo, all’estero e dunque risalire a chi li gestisce non è scontato . Inoltre, l’azione dei giudici riguarda il blocco di un indirizzo: bastano pochi giorni, o poche ore, ai gestori per cambiare casa e far girare la voce tra i navigatori e farsi rintracciare nella loro nuova dimora. Anche l’adozione di DNS non gestiti da provider italiani può bastare per aggirare questo tipo di blocchi. Il sequestro punta a stroncare il business dello streaming: i guadagni sono ovviamente tutti legati alla pubblicità, veicolata con banner e altre forme di advertising più o meno invasivo , e che si sovrappongono periodicamente alle immagini dello show e che dunque sono spesso più efficaci di molte altre forme di pubblicità presenti in Rete. Difficile stimare il giro d’affari di questo tipo di iniziative: le cifre che circolano, miliardi di euro l’anno di danni solo per cinema e musica, sono spesso calcolate su presunti guadagni più che su reali valutazioni dell’impatto di questo fenomeno.