Le palpebre di Street View non riescono proprio a calare, ancora in attesa di un sonnellino ristoratore al riparo dalle continue critiche piovute intorno alla privacy relativa alle sue riprese panoramiche. L’ultima scrosciata di polemiche si è abbattuta sulla Svizzera che ha chiesto a Google l’immediato ritiro del servizio di mappatura, frutto del grande occhio mobile, all’interno del territorio elvetico.
A sbarrare la strada ai giri delle Google Car ci ha pensato Hanspeter Thur , ufficio federale per la protezione dei dati, che ha accustato senza troppi giri di parole l’azienda di Mountain View rea di non aver percorso gli itinerari fondamentali stabiliti dalla legge svizzera per proteggere la privacy dei propri cittadini.
La decisione ferma delle autorità ha lasciato un certo tono di sorpresa negli occhi di Google che aveva lanciato da pochi giorni il suo servizio stradale in Portogallo, Taiwan e appunto nei centri principali della Confederazione Elvetica. Stando al comunicato ufficiale, Hanspeter Thur avrebbe ordinato all’azienda di Brin e Page di “ritirare immediatamente il suo servizio online Street View riguardante il territorio svizzero”.
L’incaricato federale ha motivato l’ordine del suo ufficio: BigG non avrebbe avvisato in anticipo sulle date precise del passaggio delle sue auto né provveduto ad oscurare volti e targhe. Quello che infatti ha irritato maggiormente il governo è stata la vista di scatti in cui persone e targhe automobilistiche erano perfettamente riconoscibili , giudicando il tutto come una serie di condizioni in contrasto con le leggi sulla privacy in vigore.
Un portavoce di Google ha rassicurato gli animi, spiegando alle autorità di aver condotto le operazioni nel rispetto delle leggi svizzere sulla protezione dei dati. Ha, tuttavia, ammesso che “il nostro software di oscuramento, come ogni altra nuova tecnologia, continua a fare degli errori ogni tanto”. Berna di errori non vorrebbe sentir parlare, invitando ufficialmente Street View a “migliorare il prodotto ed assicurarsi che le immagini pubblicate siano in accordo con il diritto svizzero”.
Mauro Vecchio