È passato poco più di un mese da quando il grande coltello della legge faceva a fettine LimeWire, uno dei software P2P più popolari negli scorsi anni. Quando la Recording Industry Association of America (RIAA) otteneva da un giudice di New York la probabile condanna a morte del servizio di sharing fondato da Mark Gorton. E proprio a partire da quella spremitura , le varie case discografiche statunitensi avevano richiesto danni per un valore di oltre un miliardo di dollari . Fino all’ultima goccia di LimeWire. Ma la catena legata all’industria del disco non prevede soltanto gli interessi degli artisti intesi come performer . Ci sono anche i cosiddetti songwriter , autori e compositori .
Che hanno dunque pensato bene di unirsi alla battaglia legale contro LimeWire, rappresentati dalla National Music Publisher Association (NMPA). Otto music publisher a stelle e strisce, tra cui Sony/ATV, Universal e Warner/Chappel, si sono appellati ad una corte distrettuale di Manhattan, denunciando il servizio di Gorton per una violazione del copyright su larga scala .
Ma non si tratterebbe affatto di una strategia per salire sul classico carro dei vincitori, almeno secondo il CEO di NMPA David Israelite. Bensì di richieste legittime, affinché vengano riparati i torti subiti da centinaia di migliaia di autori e compositori, legati a circa 2500 music publisher .
“La violazione facilitata da LimeWire – ha spiegato Israelite – come da altri servizi simili, comporta delle evidenti conseguenze per tutti i protagonisti della catena musicale”. Parole accolte con attenzione dallo stesso servizio di sharing, che ha ancora una volta sottolineato come siano attualmente al vaglio ipotesi di trasformazione in un servizio musicale legale .
“Abbiamo avuto alcuni fruttuosi incontri con le etichette, così come con gli editori e gli stessi artisti – ha spiegato un portavoce di LimeWire – Abbiamo parlato di un nuovo servizio musicale e di un modello di business che compenserà l’industria tutta”.
Mauro Vecchio