Berlino – In una situazione così Microsoft è l’ultima a dover dire qualcosa, perché ha fatto tutto da solo un suo cliente, il ministero della Difesa tedesco. Dopo aver rilasciato dichiarazioni allarmanti su presunte backdoor nei software Microsoft, il ministero ha fatto dietro-front, ma l’ha fatto così male da aver sollevato un nuovo polverone. Una gaffe internazionale, insomma, che non giova alla verità né alla stessa Microsoft.
Tre giorni fa lo Spiegel, autorevole quotidiano tedesco, aveva pubblicato un articolo nel quale si attribuiva alle Forze armate tedesche e ai vertici della Difesa il desiderio di liberarsi del software Microsoft “perché conterrebbe backdoor”. Un articolo clamoroso ripreso da numerose testate, compreso Punto Informatico.
Ieri il ministero ha affermato che “le deduzioni dell’articolo sono sbagliate”. Un portavoce del ministero ha spiegato: “Posso confermare che: il ministero ha firmato un anno e mezzo fa un contratto di licenza con Microsoft proprio con l’intenzione di voler utilizzare i prodotti di Microsoft, e che intendiamo continuare ad utilizzare questi sistemi”.
Il problema, messo in risalto da Wired e altri, è che la dichiarazione non ha smentito le accuse più gravi contenute nell’articolo dello Spiegel, ed anzi ha quasi rincarato la dose. Il portavoce ha infatti aggiunto: “Siamo certi di avere firewall sufficienti per proteggere il nostro database classificato. Oltre a questi firewall, abbiamo anche tecniche crittografiche approvate dall’Ufficio federale per la protezione dei dati della Germania. Si tratta di misure di sicurezza che non hanno nulla a che fare con il software Microsoft”.
Parole pesanti che hanno indotto anche Andy Mueller-Maguhn, hacker del Chaos Computer Club e membro della board dell’ICANN, a dichiarare: “Occorre ricordare che abbiamo a che fare con un nuovo governo americano e si può essere sicuri che nessuno nel governo tedesco vuole incrinare le relazioni politiche in questa fase. Credo che sull’argomento siano in corso intese riservate i cui contenuti non corrispondono a quanto appare pubblicamente”.
Va detto che queste accuse al software Microsoft, e a Windows in particolare, non sono nuove. Da lungo tempo, infatti, c’è chi sostiene che la NSAkey scoperta in Windows sia una porta d’accesso segreta a disposizione dei servizi segreti americani della NSA (National Security Agency). Una tesi da sempre negata con forza da Microsoft ma ripresa di quando in quando da più parti. E occorre sottolineare che non solo Microsoft ma anche altre aziende, Borland forse il caso più clamoroso, sono finite nell’occhio del ciclone per vere o presunte backdoor nei propri sistemi.
In questa occasione, comunque, Microsoft si è limitata a dire di essere ormai abituata a subire queste insinuazioni. Alcuni ritengono, e tra questi anche molti di coloro che stanno indagando in Europa sul caso Echelon nonché esponenti di alcuni parlamenti come quello francese, che il diffusissimo software dell’azienda di Redmond non possa essere considerato del tutto “sicuro”, quantomeno perché non se ne conosce il codice sorgente.
Anche per questo Microsoft – che nega la presenza di qualsiasi backdoor nei propri sistemi – ha ribadito di essere in parola con le autorità francesi per mettere a loro disposizione, a certe condizioni, il codice sorgente dei propri software, in modo che possa essere “controllato”.