Doveva essere il tour del ritorno, se non in grande stile almeno improntato alla sobrietà: per lo meno quella alcolica. E invece, il ritorno sul palco di Amy Winehouse si è rivelato un disastro a causa delle condizioni fisiche precarie dovute all’ubriachezza incotrollata. Un evento immediatamente sbarcato in Rete e altrettanto velocemente finito al centro della discordia per ragioni legate al copyright.
Nel corso dello show di Belgrado, la cantante è apparsa confusa, barcollante, troppo ubriaca per cantare e per ricordarsi le parole delle canzoni. Novanta minuti di performance dispiegata tra ritornelli biascicati sullo sfondo dei fischi del pubblico. Ovviamente, i video del concerto sono subito sbarcati online , ottenendo il record di visualizzazioni nella giornata del 20 giugno.
Universal Music Group , l’etichetta discografica che gestisce la cantante londinese, ha chiesto e ottenuto il ritiro dei filmati , adducendo come motivo la violazione delle norme sul diritto d’autore . Cliccando su alcuni video girati a Belgrado, il messaggio che compare è il medesimo: “Questo video non è più disponibile a causa di un reclamo di violazione del copyright da parte di UMG”.
A ben vedere, secondo la policy sui contenuti adottata dalla piattaforma di videosharing, Universal avrebbe esercitato lecitamente un proprio diritto, dal momento che tra i filmati vietati sono compresi “video di concerti live, anche se ritraggono gli utenti”. Appare strano, tuttavia, come altri video live di Amy Winehouse siano regolarmente online. La decisione di Universal, dunque, appare più come un tentativo di arginare i danni d’immagine causati dalla “figuraccia” di Belgrado che come l’effettiva volontà di tutelare il diritto d’autore.
Una mossa non nuova per l’industria dei contenuti, giudicata da più parti come un sorta di “abuso”.
Cristina Sciannamblo