Tornano a farsi sentire le voci di corridoio relative a un possibile stop del Super Cashback, parte del Cashback di Stato che ogni sei mesi (fino a metà 2022) assegna un bonus da 1.500 euro ai 100.000 cittadini che hanno eseguito il maggior numero di transazioni. Nel fine settimana qualcuno ha scritto di un possibile “blocco del superpremio” e dell’ipotesi di congelamento fino a dicembre. Cosa c’è di vero?
Stop in corsa per Cashback e Super Cashback?
Di vero ci sono le azioni dei furbetti che pur di scalare la classifica generano un gran numero di transazioni ravvicinate dal valore quasi nullo, pari talvolta a pochi centesimi di euro. Ad essere presi di mira sono soprattutto i benzinai, come testimoniano le storie giunte da Trescore Cremasco (CR), Caraglio (CN) e Nervesa della Battaglia (TV). La necessità di porre un freno è stata sottolineata anche dal Presidente Nazionale di FIGISC Confcommercio (Federazione Italiana Impianti Stradali Carburanti) che ha chiesto di intervenire per evitare che a farne le spese siano i gestori degli impianti e chi partecipa al programma Cashback in modo corretto. Ma quanti sono i “furbetti”? Probabilmente molto pochi, sebbene sia forte la loro eco mediatica. Le statistiche dicono che il fenomeno è probabilmente molto limitato, il che lo rende anche particolarmente riconoscibile e, nel caso, facilmente sopprimibile. Non un falso-problema, insomma, ma sicuramente un problema più circostanziato di quanto non potrebbe apparire. Resta lo sfregio per una iniziativa che ora dovrà cercare dei correttivi, e che merita un intervento in termini rapidi.
In che modo farlo, però, è questione complessa. Per come è stata pensata l’iniziativa, la pratica non costituisce alcun illecito: non sono previste limitazioni né sulla base dell’importo speso né sulla frequenza dei pagamenti. Il problema va però in qualche modo affrontato, altrimenti si rischia di distorcere e falsare l’intera operazione.
Il tema non è passato inosservato a chi siede nelle aule della politica dove alcuni esponenti hanno annunciato interrogazioni chiamando in causa direttamente il Ministero dell’Economia e delle Finanze. Sarà oggetto di discussione del nuovo Governo Draghi e non sono da escludere cambiamenti apportati in corsa, ma parlare oggi di “stop” o “blocco” come di una mezza certezza significa far passare un’informazione non corretta. Lo è anche etichettare come “risparmio” per le casse pubbliche l’eventuale non assegnazione dei rimborsi già maturati o di quelli previsti dal Super Cashback poiché così facendo non si considera quella che è stata fin dal primo momento la finalità del progetto (così come della Lotteria degli Scontrini): disincentivare l’uso del contante in favore dei pagamenti elettronici e, di conseguenza, assestare un colpo alla piaga dell’evasione che ancora oggi interessa una parte non indifferente delle piccole spese quotidiane. Considerare il Cashback di Stato come uno spreco di risorse e non come un investimento sul futuro del Paese significa non aver compreso né la sua natura né i suoi obiettivi.
Da chi deve muovere una eventuale iniziativa correttiva? Dal legislatore, solo ed unicamente dal legislatore: senza una correzione dei testi su cui si basa il Cashback, nessun altro può agire in alcun modo poiché l’odierna implementazione del progetto è figlia diretta di quanto scritto nei regolamenti e tutto sta funzionando a dovere. La palla è dunque nelle mani di Mario Draghi e del suo esecutivo, a partire dal Ministro dell’Economia, Daniele Franco.
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Indubbiamente non siamo di fronte a un’iniziativa perfetta e il problema dei furbetti ne è testimonianza lampante. Le norme che la regolano sono state scritte non tenendo conto di tutti gli scenari che si sarebbero venuti a creare, forse in conseguenza a un’eccessiva fretta. Intervenire in corsa non sarà cosa semplice, ma doverosa. Su queste stesse pagine ormai quasi un mese fa abbiamo pubblicato un elenco di 10 proposte da prendere in considerazione per migliorare il Cashback di Stato, partendo dalle criticità emerse: il punto numero uno riguarda proprio “Un limite alle transazioni ravvicinate”.
Qualcuno ha ipotizzato di limitare i pagamenti presso lo stesso esercente ad uno al giorno, ma ciò penalizzerebbe chi ad esempio sceglie la carta di credito o l’app per pagare il caffè al bar. E se fosse non più di uno ogni due ore? Questo potrebbe scoraggiare pratiche poco utili allo scopo quali lo smezzare la spesa al supermercato, l’effettuare più rifornimenti in pochi minuti e altre simili malsane forzature.
Ad oggi non risulta che dall’Esecutivo sia emersa una qualsivoglia presa di posizione sul tema, ma con buona approssimazione è facile immaginare che la questione sia già sul tavolo tra gli interventi urgenti. Anche, e non solo, per le forti pressioni che stanno giungendo dalle associazioni di categoria interessate.