Osservando quanto sta avvenendo nel contesto del Super Cashback, le evoluzioni della classifica e le forzature attuate dai furbetti per scalare posizioni, vien da chiedersi cosa abbia spinto a incrementare in modo così importante la frequenza dei pagamenti elettronici da parte di coloro che partecipano al Cashback di Stato. La volontà di allungare le mani sui 1.500 euro del rimborso extra, certo, ma se ci fosse altro?
Se non conoscessimo la classifica del Super Cashback?
Per provare a rispondere alla domanda, ne poniamo un’altra: cosa accadrebbe se non avessimo a disposizione i dati aggiornati ogni giorno per valutare quante transazioni servono a ottenere il premio? L’unica replica possibile è fatta di ipotesi e congetture, ma è innegabile che la possibilità di conoscere la propria situazione e di conseguenza incrementare il ritmo delle spese abbia giocato un ruolo fondamentale. Un ruolo legittimo, intendiamoci, in quanto non va dimenticato che la duplice finalità dell’iniziativa rimane quella di accompagnare gli italiani verso un graduale abbandono del contante e di assestare un colpo alla piaga dell’evasione: con carte, bancomat e app, l’emissione dello scontrino è inevitabile.
Il grafico qui sotto mostra come è variata la frequenza mensile delle spese da parte di chi si trova alla posizione 100.000 della classifica, l’ultima di quelle utili per ottenere i 1.500 euro (la colonna relativa a maggio è ovviamente frutto di una stima).
Potrebbero aver pesato fattori come la recente progressiva riapertura delle attività commerciali, ma l’aumento è stato costante mese dopo mese (lockdown e zone rosse non hanno influito sui numeri di marzo e aprile). Inoltre, maggio ha visto innescarsi un’accelerazione difficile da spiegare se non con la volontà di lasciarsi alle spalle gli altri concorrenti.
È dunque lecito parlare di una gamification di stato? La dinamica di incentivazione ha trasformato il Super Cashback in una gara, a differenza di quanto avviene con il rimborso da 150 euro riconosciuto a tutti coloro che nel corso del semestre effettuano almeno 50 pagamenti digitali, nessuno escluso.
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Sia chiaro, non è cosa di per sé negativa, a meno che non mostri il fianco alle forzature e agli abusi di cui abbiamo avuto modo di scrivere più volte su queste pagine. Rimaniamo in attesa dell’intervento in merito promesso dal mondo della politica a fine marzo, rilanciando le nostre 10 proposte condivise già nelle prime settimane dell’anno, spunti dai quali partire per migliorare un programma che, pur avendo già mostrato il proprio potenziale, va senz’altro perfezionato.