Anche l’agenzia spaziale americana ha scelto di accogliere l’invito dell’Office of Science and Technology Policy della Casa Bianca e di mettere la potenza di calcolo dei propri supercomputer al servizio della ricerca scientifica sul coronavirus: la NASA si unisce a realtà pubbliche e private come IBM, HP Enterprise, Amazon e Microsoft riunite all’interno del High Performance Computing Consortium.
La NASA nel COVID-19 High Performance Computing Consortium
A tale scopo metterà a disposizione una parte delle risorse solitamente destinate allo studio delle galassie, dei buchi neri o alla ricerca degli esopianeti nonché alla gestione di modelli matematici per lo studio dei cambiamenti climatici prendendo in esame informazioni legate ad esempio allo spostamento delle masse d’aria o alle correnti degli oceani.
Uno dei cervelloni in questione si trova presso l’Ames Research Center nella Silicon Valley e sarà delegato all’identificazione dei fattori di rischio legati alla sindrome respiratoria acuta associata a COVID-19. I dati elaborati sono quelli forniti dal consorzio Kaiser Permanente. La speranza è quella di poter arrivare a meglio comprendere l’interazione dell’agente patogeno con l’organismo delle persone colpite in relazione a elementi come il patrimonio genetico di ognuno.
In collaborazione con il MIT, invece, NASA sfrutterà i propri supercomputer al fine di analizzare la struttura tridimensionale delle molecole contenute nei farmaci per capire quali hanno maggiori possibilità di debellare il virus, favorendo così la definizione di una terapia efficace applicabile su larga scala.