Quando si parla di investimenti in sostenibilità e si pone il surriscaldamento globale in cima alle pianificazioni dei prossimi anni, a monte vi sono solide ricerche scientifiche che dimostrano quanto il problema sia ormai emergenza. Eppure di questa emergenza si parlava già estesamente negli anni ’80 (con i primi allarmi legati ad effetto serra e buco dell’ozono) e negli anni ’90 (quando divenne chiaro come il problema stesse per diventare urgenza). Di quegli allarmi non si è fatto granché, se non oggetto di scorribande politiche pro o contro i temi ambientalisti. Oggi però sono i dati a sbatterci in faccia una realtà che non ammette soggettività di giudizio: 8 degli ultimi 10 anni sono stati tra i più caldi del secolo e questa ricorrenza non può che spaventare.
Il surriscaldamento globale misurato
I dati sono quelli raccolti dalla NASA e fanno parte di un dataset che affonda le radici al lontano 1880: siamo ormai a 140 anni consecutivi di raccolta dati su tutto il globo, misurando ad ogni latitudine quale sia lo scostamento rispetto alla media. Quel che si evidenzia è una situazione drammatica nella parte nord del pianeta, ove lo scostamento sul polo artico è ormai nell’ordine dei 4-6 gradi; in Europa lo scostamento è invece tra 1 e 3 gradi circa con la penisola iberica a soffrire l’impatto peggiore. Si scaldano anche gli oceani, un bacino di energia che rischia di sprigionarsi sulle coste con futuri eventi climatici di particolare violenza, e lo scioglimento dei ghiacciai potrà bilanciare questo scostamento soltanto con gravi costi collaterali.
L’aumento delle temperature non è più qualcosa di incerto: i dati sono forti ed eclatanti. Una apposita dashboard della NASA relativa alle anomalie indica scostamenti ormai superiori al grado centigrado pressoché ovunque e scostamenti ulteriori potrebbero determinare effetti impressionanti in termini di fenomeni atmosferici per i quali persone e territori non sono preparati. La disponibilità di dataset aperti rendono trasparenti le valutazioni sul tema, offrendo una base di confronto agli scienziati che analizzano il problema: l’elaborazioni di mappe come quella che segue è invece una utile rielaborazione per favorire la divulgazione, rendendo visibile un fenomeno che altrimenti rischia di essere derubricato a mera percezione priva di prove ed evidenze.
Ripartire dai dati è fondamentale, perché sono la base su cui costruire le politiche di intervento in prospettiva. Tutto ciò non sarà né semplice, né gratuito. La transizione ecologica, anzi, avrà costi estremamente importanti che già stiamo scontando e che porteranno i costi dell’energia ad investimenti di altissima pressione sull’economia di ogni singolo Paese.
Tuttavia non c’è scelta, perché aver ignorato a lungo il problema non può che portare ora a scelte emergenziali. La transizione ecologica e nuove politiche sull’energia impongono scelte importanti e la difficoltà di sfruttare le fonti rinnovabili è qualcosa che impatta ad ogni livello sulla società. I fondi del PNRR saranno niente più che una scintilla, ma dovrà accendere una luce in un percorso che si preannuncia difficile. L’inflazione è soltanto uno degli effetti collaterali che andranno scontati, ma è altresì il prezzo minore di fronte ad una situazione che rischia altrimenti di collassare. Ogni singolo pixel rosso della mappa precedente deve imporre serie riflessioni.