“Dopo tutto quello che è stato detto e scritto, che avremmo dovuto rilasciare quelle informazioni, si prova una sensazione piacevole nell’apprendere la decisione finale della corte. Le evidenze del caso non erano sufficienti, come abbiamo ripetuto più volte in passato”. Così Bo Wigstrand, a capo del provider ePhone, che ha commentato una recente sentenza di una corte d’appello svedese: l’ISP non sarà costretto a svuotare i propri archivi per fornire agli editori i dati relativi ai netizen che avrebbero scaricato illegalmente migliaia di copie di audiolibri.
La decisione del giudice ha così ribaltato quella precedente della corte distrettuale di Solna, che aveva suggerito a ePhone di consegnare gli elenchi dei propri abbonati nelle mani di un piccolo gruppo di cinque editori di audiobook. Il provider aveva gentilmente rifiutato il suggerimento, sostenendo con vigore che il proprio server fosse privato e le opere protette da password. Effetto collaterale del rifiuto: una multa pari a 750mila corone svedesi (circa 70mila euro), per aver ignorato le indicazioni previste dal giudice, ottenute dall’accusa grazie ad alcuni screenshot trafugati.
Era, infatti, sulla base di una direttiva della Intellectual Property Rights Enforcement Directive (IPRED) che gli editori avevano deciso di muoversi, avendo la possibilità legale di ottenere i dati degli utenti attraverso prove visibili dell’avvenuta violazione. Un gioco del tipo: vi fornisco lo screenshot che inchiodi l’abbonato, mi autorizzate a costringere il provider a fornirmi l’IP e quindi l’identità del file sharer. Ma la corte d’appello sembra non esserci cascata, affermando che il server era protetto da password e non certamente esposto ad una massa di utenti .
Gli editori non sarebbero riusciti, in pratica, a provare in maniera convincente che i dati di login del server siano pervenuti nelle mani dei pirati del web, di conseguenza nemmeno le copie degli audiolibri. E tutto questo ha avuto il sapore di una piccola disfatta, nel tentativo di arginare un fenomeno che in Svezia appare particolarmente diffuso: stando ai dati di IFPI, il 40 per cento dei cittadini scandinavi tra i 15 e i 74 anni è impegnato nel download quotidiano. Si tratta di quasi 3 milioni di persone, escludendo tutti i ragazzini al di sotto dei 15 anni non compresi nel campione statistico.
Intanto, intorno a Stoccolma iniziano a far capolino i primi commenti sul primo caso di applicazione delle direttive IPRED nel paese: in specie quella relativa alla data retention. Il punto pare l’abbia segnato ePhone, ma le dichiarazioni da parte degli editori hanno fatto pensare ad un nuovo ricorso presso la Corte Suprema. “Questa è una vera vergogna – ha detto Shadi Bitar, CEO di Earbooks – che va a complicare le nostre operazioni, che poi si basano su un diritto a protezione del copyright sulle opere”.
Mauro Vecchio