Un sensibile calo del traffico, meno bit scambiati, meno dati a scorrere lungo le infrastrutture di rete: la legge svedese pensata per arginare il P2P è entrata in vigore. I netizen sembrano esserne più che consapevoli.
La Svezia ha recepito fra le polemiche la direttiva europea IPRED, dal primo giorno di aprile all’industria dei contenuti potrebbe bastare un indirizzo IP, potrebbe bastare una richiesta all’autorità giudiziaria per ottenere l’ordinanza con cui chiedere al provider di identificare l’abbonato. Rastrellamenti di dati nei circuiti del file sharing potrebbero sfociare in una gragnola di denunce o di richieste di risarcimento.
C’è chi ha già iniziato ad imbracciare la legge: se l’industria della musica spiega di essere in procinto di preparare l’offensiva, una coalizione di editori svedesi, che si erano scagliati contro The Pirate Bay e contro i condivisori di best seller, si sono rivolti al tribunale per ottenere i nomi celati dietro agli indirizzi IP dei condivisori di audiobook. “Prima del primo aprile – ha spiegato Kjell Bohlund, a capo dell’associazione – l’unica cosa che potevamo fare per contenere il file sharing era di allertare la polizia, che esitava ad agire”. Nel giro di una manciata di giorni avranno i nomi degli assegnatari degli indirizzi IP che si sono macchiati di violazione della legge sul diritto d’autore. Il ventaglio di alternative è ampio: “possiamo decidere di non fare nulla, possiamo chiedere all’abbonato di desistere dal suo comportamento, possiamo citarlo per danni”. Non si tratterà di una campagna estensiva, assicura però Bohlund: “non denunceremo coloro che violano nel loro piccolo la legge, ce la prenderemo con i pesci grossi”.
Nonostante le rassicurazioni dei detentori dei diritti, IPRED sembra aver sortito il proprio effetto sull’atteggiamento dei cittadini svedesi: il traffico misurato dai fornitori di connettività è sceso del 33 per cento , dai 120Gbps del giorno precedente all’entrata in vigore della legge agli 80Gbps del primo giorno di aprile. Netnod, l’Internet exchange che ha effettuato le misurazioni, non si è spinta a tracciare una relazione di causalità, tutta da dimostrare . Lo hanno fatto i rappresentanti di Antpiratbyrån , l’associazione antipirateria svedese: “La maggior parte del traffico Internet è imputabile al file sharing – ha osservato un legale dell’associazione – niente altro che la nuova legge IPRED avrebbe potuto spiegare questo massiccio calo di traffico”. A parere di Antpiratbyrån l’ effetto deterrente del nuovo quadro normativo si sta dispiegando in tutta la sua efficacia.
Ma è un effetto che durerà solo nell’immediatezza dell’approvazione: “L’esperienza di altri paesi – ha spiegato Christian Engstrom del Partito Pirata svedese – mostra che se il file sharing diminuisce il giorno dell’approvazione di una legge, il giorno successivo torna a crescere”. Il tempo necessario, suggerisce Engstrom, perché i netizen trovino il modo per agire indisturbati , approfittando di darknet e di servizi di anonimizzazione, come quello offerto da The Pirate Bay.
I rischi per i condivisori, assicura Engstrom, restano irrilevanti: “Stimiamo che in Svezia ci siano due milioni di macchine equipaggiate per il file sharing – spiega Engstrom – anche se l’industria decidesse di perseguire mille utenti per dare l’esempio, per il singolo utente c’è un rischio molto basso”. Ma l’industria non sembra rinunciare a instillare il timore fra i cittadini della rete: a pochi giorni della sentenza che deciderà del caso The Pirate Bay , due giorni dopo l’entrata in vigore della legge, due 29enni sono stati arrestati con l’accusa di far parte di un network internazionale dedito alla condivisone illegale su vasta scala.
Gaia Bottà