Telia Sonera è una compagnia di telecomunicazioni svedese che, a differenza di quanto sta accadendo in altre parti del mondo, non intende fornire le generalità di un proprio cliente, venendo meno così all’ordinanza di un giudice locale. Se poi si aggiunge che l’utente in questione è anche il proprietario di SweTorrents, noto tracker svedese, e che in Svezia sono in vigore alcune fra le leggi più stringenti per la tutela del copyright, il copione non si discosta molto da quanto successo durante l’ affaire The Pirate Bay.
Su richiesta diretta della lobby pro-copyright Antipiratbyrån , che si è avvalsa della legge IPRED, un giudice della corte distrettuale di Södertörn aveva intimato al provider di rivelare il nominativo. La richiesta è rimasta però inascoltata: i responsabili di TeliaSonera si sono opposti spiegando che un richiesta del genere violerebbe i diritti del loro cliente, pertanto non avrebbero accontentato giudici e major. Non solo, nel presentare appello contro il provvedimento è stata esplicitamente dichiarato che la direttiva IPRED violerebbe i termini della direttiva UE che regola la data retention. L’avvocato dell’ISP, Patrick Hiselius, ha dichiarato che “la protezione della privacy garantita dalla legge comunitaria impedisce l’applicazione della norma IPRED in questo caso”.
La legge svedese IPRED sembra farsi interprete di una tendenza alla sorveglianza sempre più desiderata da un’industria dei contenuti indispettita dal file sharing. In Francia questa linea di pensiero si è tradotta nella discussa Dottrina Sarkozy, che a sua volta ha fissato un modello ripreso da altre realtà nazionali in giro per il mondo.
Anche in Italia si parla in maniera sempre più insistente di indirizzi IP da scrutare. I richiami alla tutela del copyright non mancano in nessun provvedimento governativo che riguarda la Rete ma nonostante tutto gli IP sono godono ancora di una certa protezione. Per ora.
In questi giorni stanno facendo infatti discutere alcune dichiarazioni rilasciate da FAPAV che, secondo gli osservatori, avrebbe ammesso inconsapevolmente di passare al setaccio gli indirizzi IP di un numero non precisato di utenti italiani. Come fa notare Guido Scorza, nel chiarire il funzionamento del proprio sistema investigativo, FAPAV ha spiegato che tale strumento identifica solo le prime tre cifre dell’indirizzo completo, “quelle che corrispondono alla rete di accesso”. Stefano Quintarelli sul suo blog ha spiegato che tale teoria sarebbe inesatta e che sarebbe impossibile risalire a questi particolari senza aver prima preso visione per intero dell’indirizzo IP.
Giorgio Pontico