La Svezia non vuole la circolazione incontrollata di droni dotati di telecamere potenzialmente in grado di spiare chiunque: una questione di tutela dei cittadini dalla sorveglianza illecita .
A porre seri paletti alle fotocamere sui droni volanti è la Corte Amministrativa Suprema, che in una decisione definisce come “strumenti di sorveglianza” qualsiasi drone dotato di fotocamera: pur non esistendo in Svezia alcuna legge nei confronti dello scattare foto in ambienti pubblici, nei confronti dei droni – forse alla luce della loro capacità di movimento elevata – il Tribunale ha assunto una posizione molto chiara.
Sono invece salve tutte le altre fotocamere – tipo le GoPro- attaccate fisicamente all’utente che in quanto tali sono intrinsecamente legate al suo movimento.
La definizione dei droni con capacità di ripresa di immagini come strumenti di sorveglianza non è puramente accademico, ma significa che potranno farli volare solo i rappresentanti delle autorità o chi è dotato di specifiche, e molto costose, licenze condizionate alla dimostrazione di voler utilizzare i droni per riprendere le proprie proprietà.
Contro la decisione si è già mossa l’associazione svedese di possessori di droni (UAS) che ha annunciato di voler lavorare ad un piano “per costringere le autorità ad ogni livello a capire che si tratti di una decisione sbagliata che rischia di sabotare un’intera industria che impiega migliaia di persone e coinvolge aziende per un fatturato di miliardi di euro”. La decisione e la sua applicazione comportano infatti l’impossibilità di utilizzare i droni per le foto di paesaggi, le riprese di corse, i matrimoni e – considerando la questione della libertà di espressione – il giornalismo.
Claudio Tamburrino