Roma – Mentre nella aule del tribunale di Stoccolma fervevano i preparativi alla tenzone tra l’industria dei contenuti e The Pirate Bay, mentre le parti lustravano tattiche legali e armi mediatiche in attesa del processo , le forze dell’ordine svedesi agivano contro la scena warez.
Il server era localizzato nell’area di Brandbergen, nella zona sud di Stoccolma. Il 9 febbraio la polizia ha fatto irruzione, ha sequestrato la macchina: 65 TB di film e musica, di serie televisive e di software non sarebbero ora più disponibili, collassati insieme al circuito FTP composto di 10 server. Un uomo è stato interrogato e rilasciato, avrebbe ammesso di essere il responsabile del server. C’è un indagato , fermenta una nuova indagine nel nome del diritto d’autore e le forze dell’ordine promettono nuovi raid e nuovi sequestri. Di altri server che rimangono celati presso località ancora sconosciute.
“Questi pirati ben organizzati della scena pare che abbiano sovrastimato la loro abilità di nascondere la loro identità e la loro localizzazione – ha annunciato Henrik Pontén di Antipiratbyran , l’associazione svedese che rappresenta l’industria dei contenuti schierata contro la pirateria – ma la retata dimostra che possiamo individuare i responsabili”. “Il copyright non è un’eccezione in rete – denuncia Pontén – e continueremo a considerare una priorità quella di contrattaccare questi gruppi ben organizzati”.
Si tratterebbe , secondo quanto comunicato da Antipiratbyrån , della più massiccia operazione condotta finora in terra scandinava, una delle maggiori anche su scala globale. Si tratterebbe di un top site parte del consesso warez Sunnydale , un circuito FTP ricettacolo di materiale archiviato e gestito dalla scena, zeppo di contenuti di prima mano, origine di crack e di violazioni, e non semplicemente una sponda in cui rimbalzano contenuti recuperati altrove e rilanciati da ordinari cittadini della rete. Un tipo di sito contro cui Antipiratbyrån si era già scagliata in passato, imbracciando armi e tattiche discutibili , facendo infiltrare prolifici caricatori di materiale spacciato alle autorità come una prova della colpevolezza degli utenti.
L’industria dei contenuti, che parrebbe essere l’origine della soffiata che ha mobilitato le forze dell’ordine, ritiene di aver decapitato i traffici dello sharing di contenuti in rete, ritiene di aver privato The Pirate Bay di una fonte alla quale attingere: come più volte sottolineato dagli accoliti della scena warez, proprio da questi consessi trapelerebbe il materiale che poi si dirama presso tracker e reti P2P a cui hanno accesso pubblici generalisti e passivi, pubblici di non iniziati.
Peter Sunde, portavoce della Baia, ha però temperato i comunicati trionfalistici dell’antipirateria: “Più di 800mila persone hanno caricato del materiale su The Pirate Bay, non credo che sia la fonte di tutto – ha spiegato – ma è possibile che si tratti di una fonte importante”.
L’impatto del raid svedese sulla circolazione dei contenuti nell’underground della rete e nei canali meno sotterranei ed elitari è ancora tutto da valutare: l’ operazione Fastlink , i blitz che hanno disvelato l’architettura della crew DrinkOrDie sembrano non aver sgominato la scena.
Gaia Bottà