Roma – Viviane Reding è stata chiara : giù le tariffe di terminazione della telefonia mobile entro il 2011. Una scelta che dovrebbe rilanciare la competizione sui servizi su tutti i mercati e ridurre i costi per i consumatori . Sempre, però, che le authority nazionali recepiscano le raccomandazioni della UE. E sempre che, per allora, sul mercato ci siano ancora competitor pronti a raccogliere la sfida.
Secondo Innocenzo Genna , presidente di ECTA ( European Competitive Telecommunications Association ), il commissario ha individuato due problemi: il primo riguarda i consumatori finali, il secondo le aziende che operano nel settore. “Le tariffe di terminazione costituiscono un limite per i consumatori – spiega a Punto Informatico – poiché sono la principale causa del prezzo delle tariffe di telefonia mobile più alte di quelle del fisso”. E poi, naturalmente, c’è anche la questione della parità di trattamento per tutti gli operatori.
“Anche confrontando i prezzi che si pagano per il mobile rispetto al fisso con quelli di altre aree geografiche – prosegue Genna – si nota che i costi europei sono i più alti: tra gli operatori fissi, poi, le tariffe di terminazione sono fino a 10 o 15 volte più basse, e questo genera una distorsione”. Si genera, cioè, un flusso di denaro che parte dal portafoglio del consumatore e viaggia diretto verso gli operatori mobili, transitando per le casse degli operatori fissi ma senza garantire a questi ultimi un guadagno sostanziale .
Si tratta della conseguenza di un sistema regolatorio imbastito oltre 10 anni fa , quando le reti di telefonia cellulare erano agli albori. Un sistema che Genna definisce “geniale”, poiché ha consentito in pratica la realizzazione di una vasta rete, ma che oggi appare superato dalla realtà del mercato: “Gli operatori mobili lavorano sempre di più nel fisso, ma a differenza di quelli tradizionali possono sovvenzionare le proprie offerte con il guadagno del mobile”.
Entro il 2011, però, Reding vuole tutti sullo stesso piano : azzerare il gap esistente tra le tariffe di terminazione fisse e mobili per restituire competitività e concorrenza al mercato. “Le alte tariffe di terminazione per il mobile sono nate per remunerare gli investimenti, ma sono state determinate sulla base di una contabilità non trasparente – chiarisce Genna – In passato c’era un consenso politico a mantenerle tali, ma ora che sorgono alcuni problemi c’è la volontà di mutare il quadro”.
Secondo le linee guida della Commissione, dunque, si andrà verso una diminuzione generale dei costi, che dovranno essere giustificati secondo regole precise. Spetterà tuttavia agli enti nazionali, come l’AGCOM italiana, provvedere a mettere in pratica queste raccomandazioni: “La Reding ha fatto la sua parte, ma ora occorre un approccio coerente e la volontà di mettere in pratica quanto detto: in ballo ci sono cifre ingenti, 10 miliardi di euro solo in Germania tra il 98 e il 2006; 19 miliardi nel Regno Unito, Francia e Germania solo tra il 98-2002. Dati vecchi, ma da allora le tariffe non sono cambiate molto”. Il rischio è che, nel caso solo alcune nazioni provvedano a modificare il quadro regolatorio, si verifichino situazioni di ulteriore disparità tra paese e paese . “Occorre che tutti siano giudiziosi” chiarisce Genna, che sottolinea come anche AGCOM in Italia debba prestare orecchio alle indicazioni che vengono da Bruxelles visto che gli ultimi interventi in materia non vanno esattamente nella stessa direzione: “In Italia c’è una concorrenza molto forte tra fisso e mobile: è necessario abbassare le tariffe di terminazione per non rischiare di premiare gli operatori mobili dominanti”.
Che a nessuno venga in mente che la scelta di tenere alti i costi di interconnessione sia necessaria per garantire una forma di compensazione per i costi sostenuti per acquistare la licenza UMTS : “A quei tempi ero in Tiscali – ricorda Genna – e, visti i prezzi, l’azienda decise di tirarsi indietro: chi ha voluto la licenza l’ha comprata, non era una tassa”. A premere per queste tariffazioni, inoltre, sono sempre gli operatori dominanti: sono loro a trarre il massimo guadagno da queste condizioni.
Poiché l’importo complessivo delle entrate provenienti dalle tariffe di terminazione dipende, in massima parte, dal traffico generato, sono naturalmente gli operatori con il maggior numero di clienti a registrare le maggiori entrate. I grandi creano pacchetti scontati che consentono di chiamare a tariffe agevolate gli altri clienti dello stesso operatore. I piccoli, invece, restano tagliati fuori da questo gioco: sono loro a dover sostenere la spesa maggiore per compensare il numero di chiamate che escono dalla propria rete e finiscono in quella altrui.
“A livello europeo – racconta Genna – gli operatori cosiddetti challenge sono favorevoli alla proposta Reding. In Italia c’è l’amministratore di 3, Novari, che invece è pessimista riguardo il taglio delle tariffe: eppure il suo gruppo, in sede europea, invita esplicitamente all’azzeramento delle terminazioni, perché punta a risolvere il problema nel lungo periodo”.
Il rischio in Italia , secondo Genna, è che “il mercato si coaguli attorno ad un tripolio, fatto di due operatori mobili e uno fisso: in molti sono convinti che questo mercato si debba consolidare attorno a poche entità”. “Da parte mia – conclude – sono convinto che le dinamiche del mercato debbano essere lasciate libere di svilupparsi: ma è bene ricordare che la dinamica attuale è una dinamica regolamentare, che il mercato così com’è l’ha creato il regolatore: se non ci fossero le tariffe di terminazione, avremmo forse operatori diversi e più efficienti in circolazione”.
a cura di Luca Annunziata