Roma – Sale all’attenzione della Commissione Europea il controverso piano di riduzione delle tariffe di terminazione che l’ Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha varato in maggio : due differenti interrogazioni formulate da due europarlamentari rimettono al centro il dubbio che le decisioni dell’Authority violino le indicazioni UE e favoriscano i soliti noti.
Le interrogazioni sono state presentate da Gabriele Albertini, ex sindaco di Milano ed esponente del PPE, e da Gianni Pittella: il primo punta il dito sui criteri – definiti “divergenti” – che l’Authority TLC italiana ha adottato per il trattamento delle tariffe di terminazione di chiamata su rete fissa e di quelle su rete mobile. Tali criteri, afferma l’eurodeputato, favoriscono abbondantemente gli operatori di telefonia mobile, per i quali gli investimenti nelle infrastrutture sono già stati remunerati, contrariamente a quanto avviene nel mercato della telefonia fissa, in cui le compagnie non sono ancora state in grado di ottenere un ritorno sugli ingenti capitali profusi nella realizzazione di reti alternative.
Agli operatori fissi, sottolinea Albertini, l’Autorità ha imposto un modello – che prevede il traguardo tariffario di 0,57 euro al minuto nel 2010 – che potrebbe concretamente disincentivare gli investimenti. Per quanto riguarda la telefonia mobile, invece, è stato considerato un paniere tariffario calcolato sui costi applicati in alcuni mercati UE, fissando come traguardo un range tariffario tra 5,9 e 7 centesimi di euro al minuto da raggiungere nel 2011: “Tale livello di tariffe – considera ancora l’europarlamentare – non appare in linea con le stime effettuate dalla Commissione Europea che ha valutato il costo reale della terminazione mobile al massimo a 3,5 centesimi di euro al minuto e disattende completamente l’obiettivo, auspicato dal Commissario Reding, di giungere ad una rapida armonizzazione dei costi di terminazione fissa e mobile”.
Nella sua interrogazione, Gianni Pittella rileva: “L’Autorità Antitrust italiana ha già accertato che un valore della terminazione mobile non orientato ai costi introduce distorsioni nella competizione fra operatori e, quindi, nuoce al benessere dei consumatori”. Ed evidenzia: “L’impatto sui prezzi finali ai consumatori della terminazione mobile, infatti, è significativo in quanto rappresenta circa il 20% del fatturato complessivo del mercato mobile contro appena il 2% del peso della terminazione fissa degli operatori alternativi sul valore totale del mercato dei servizi voce di rete fissa”.
La conclusione di Pittella è allineata alle considerazioni formulate da Albertini in merito all’aspetto degli investimenti: “Se vogliamo favorire la diffusione in Italia delle reti di nuova generazione, in grado di supportare nuovi servizi multimediali, occorre favorire gli investimenti attraverso l’adozione di modelli di effettiva remunerazione degli stessi, orientati ai costi secondo medesimi parametri tanto per le comunicazioni mobili, che per quelle fisse “.