Francoforte – I device digitali più innovativi possono essere utilizzati dai loro acquirenti per copiare illegalmente materiale protetto da copyright e, dunque, chi li vende deve riconoscere agli autori e agli editori una piccola quota su ogni device venduto a titolo di “rimborso preventivo”.
Questo incredibile principio, che in Italia si traduce in una “tassa” su tutte le video- e musi-cassette, in Germania è stato esteso ai device digitali più avanzati, a seguito di un caso che ha per protagonista Hewlett-Packard e i suoi masterizzatori, leader di mercato in quel paese.
Lo scorso maggio la GEMA tedesca, agenzia che gestisce il copyright in Germania, aveva chiesto che su tutti i suoi masterizzatori, HP pagasse 30 marchi di “rimborso pirateria”, una imposizione a cui HP non ha voluto sottostare e che ha portato al caso appena concluso. La sentenza del giudice dà ragione a GEMA e obbliga HP ad un “risarcimento” di 3,6 marchi per tutti i masterizzatori fin qui venduti e di 12 marchi per ogni masterizzatore venduto da questo momento in poi.
“I produttori – ha tuonato l’analista del Gartner, Robert Labatt – non sono altro che capri espiatori. Ciò che va protetto è il lavoro individuale di produzione di arte, libri, musica e video”. La reazione di HP, ben lungi dal riguardare il concetto stesso di leggi del genere, è comunque fortemente critico: “Questo processo ha rappresentato un esempio per tutto il mercato. Non è giusto per i consumatori che devono pagare di più e per i produttori che hanno così uno svantaggio competitivo”.
Va detto che quanto sta accadendo in Germania ricorda molto da vicino una vecchia, ma non troppo, proposta SIAE che chiedeva l’imposizione di un “rimborso” su ogni Cd riscrivibile venduto dai negozianti. Il rischio, dopo la sentenza tedesca, è che il principio di “pagamento anticipato” per atti di pirateria che potrebbero non verificarsi affatto, si allarghi oltre i confini tedeschi.