Le major discografiche hanno avviato la loro nuova campagna lobbistica che mira a riformare il Digital Millennium Copyright Act (DMCA), norma che a loro dire non è più in grado di salvaguardare gli interessi di artisti e (soprattutto) produttori nel tempo di Internet superveloce, i social network iper-frequentati e tutto quanto.
Al cuore dell’iniziativa c’è una lettera che l’industria ha intenzione di spedire al Congresso e di diffondere quanto più è possibile, su siti e con campagne promozionali, e che può contare sulla firma di supporto di alcuni dei nomi più rappresentativi dell’attuale produzione musicale internazionale .
A garantire visibilità alla petizione ci sono quindi artisti del calibro di Paul McCartney, gli U2 e Taylor Swift, e in quest’ultimo caso si tratta di un nome ricorrente che nel recente passato in associazione a quello di Apple Music, quando si è trattato di dare battaglia (in visibilità e non solo) ai piani delle aziende tecnologiche per scaricare i costi di servizio sui performer.
La petizione parla del DMCA come di un regime che non funziona più , e non è più in grado di garantire un futuro economico sostenibile all’industria e ai creatori di musica : la norma è stata approvata in un tempo in cui la tecnologia era molto meno avanzata, dicono i promotori, mentre ora la proliferazione gratuita di contenuti protetti dal copyright richiederebbe misure di contrasto e regolamentazione molto più efficaci.
L’iniziativa dell’industria non lo cita mai direttamente, ma i commentatori sono concordi nell’indicare in YouTube uno degli obiettivi principali della richiesta di riforma del DMCA: il portale di video sharing di Google ha provato in questi anni a riallinearsi agli interessi delle major , ma gli sforzi di Mountain View non sono stati evidentemente sufficienti a parere dell’industria. Il business di YouTube su basa su contenuti gratuiti rubati agli artisti, fa eco Trent Reznor , mentre Google risponde di aver già distribuito 3 miliardi di dollari di royalty tramite gli accordi posti in essere con le etichette.
Alfonso Maruccia