Il 60 per cento delle aziende prevede di usare la tecnologia per sorvegliare e monitorare i propri dipendenti sui siti di social networking entro il 2015. È quanto è emerso da un rapporto effettuato dalla società di ricerca Gartner. Il monitoraggio servirebbe a evitare che i lavoratori violino la sicurezza o rechino danni all’immagine dell’azienda.
Al momento, moltissime aziende utilizzano i social media per il brand management o il marketing, ma appena il 10 per cento sorveglia i propri dipendenti su Facebook, YouTube, LinkedIn o Twitter. In compenso, stanno nascendo molte realtà imprenditoriali specializzate nel monitoraggio e nell’analisi dei contenuti dei siti di social networking.
La diffusione di questa nuova abitudine potrebbe creare però delle perplessità. Se è pur vero che sorvegliare il comportamento dei dipendenti sui social media rappresenta un deterrente per comportamenti inappropriati o illeciti, è anche vero che crea problemi etici e giuridici. La sorveglianza, infatti, potrebbe non solo essere interpretata come una violazione della privacy ma, accedendo ai dati personali del dipendente, il datore di lavoro potrebbe mettere in atto azioni discriminatorie per quanto riguarda aspetti quali la religione o la sessualità.
“Le società dovrebbero prendersi il tempo necessario per studiare le leggi sulla privacy – ha commentato Lisa Vaas, della società di sicurezza Sophos – Queste leggi continuano a evolversi. Questa pratica potrebbe sembrare un nostro diritto oggi, ma essere vista come un invasivo Grande Fratello domani”.
Gabriella Tesoro