Tecnologia/ Diritto sì, ma di chi?

Tecnologia/ Diritto sì, ma di chi?

Punto Informatico incontra Andrea Monti, avvocato da molti anni impegnato sui fronti più caldi della rivoluzione tecnologica, per parlare di diritto d'autore, SIAE, copia personale e libertà di espressione
Punto Informatico incontra Andrea Monti, avvocato da molti anni impegnato sui fronti più caldi della rivoluzione tecnologica, per parlare di diritto d'autore, SIAE, copia personale e libertà di espressione


Roma – “Sul diritto d’autore, le guerre di lobby, i privilegi era tutto già scritto, tutto già detto. A questo punto per rimettere le cose nel giusto binario occorrerebbe che il legislatore smettesse di fare esclusivamente gli interessi di una potente minoranza a scapito degli interessi legittimi di cittadini e imprese”.

Non si perde in chiacchiere e va subito giù duro e al sodo Andrea Monti , avvocato di Pescara, esperto in diritto delle nuove tecnologie e presidente dell’associazione Alcei , giornalista pubblicista ed autore di diversi libri sull’ICT. Il suo blog è stato segnalato (unico italiano) come migliore blog per la libertà di espressione da Reporter senza frontiere . Di seguito gli stralci di una lunga chiacchierata sui nodi più caldi del copyright.

Andrea Monti: Intanto è meglio parlare di “diritto d’autore”… perché non siamo ancora una colonia americana e poi perché le peculiarità della nostra normativa non sono esattamente sovrapponibili a quella statunitense.

Punto Informatico: Che cosa intende per “tutto già scritto”?
AM: Sono ormai più di 10 anni che attraverso Alcei svisceriamo problematiche e avanziamo proposte. Alcune – anche se non ce lo riconosceranno mai – sono anche “filtrate” (per esempio, qualche tribunale ha cominciato ad affermare che è inutile sequestrare un intero computer quando si cercano solo i contenuti di un disco rigido). Ma fino ad oggi il “muro di gomma” dell’informazione ha sempre impedito di affrontare certi temi.
Anche perché quando uno parla di un fenomeno che non si è ancora verificato tutti lo guardano con indifferenza. E quando poi le cose si avverano, anche un po’ con sospetto… Il problema è che purtroppo non ci sbagliavamo ed oggi viviamo tutte le contraddizioni di un sistema non adatto e non creato e calato per le potenzialità delle nuove tecnologie. Inoltre una serie di obbrobri normativi varati con la velocità di un lampo (!) per difendere le lobby vicine alla politica – vedi, appunto, la legge sul diritto d’autore – non hanno che peggiorato la situazione. E si tratta di lobby legate sia alla destra che alla sinistra, sia ben chiaro”.

PI: Che cosa si può fare oggi?
AM: Bisogna recuperare una dimensione di educazione e civiltà. Recuperare quel “patto fra galantuomini” che regolava la Rete dei primi anni. Può suonare nostalgico e antistorico, ma se non si capisce che – come dice Giancarlo Livraghi – “la rete è fatta di persone” continueremo a inseguire questa o quella moda tecnologica (specie legislativa) lasciando indietro ciò che conta veramente.
Costruire “fiducia” – anche in senso giuridico – per dare certezza alle transazioni online; dare la possibilità a chi “crea” (a chi crea, non a chi sfrutta la creazione altrui) di essere equamente ricompensato per ciò che mette a disposizione della collettività. Responsabilizzare – e punire, se del caso – chi per puro calcolo economico indebolisce la sicurezza delle infrastrutture di rete producendo software difettosi e mal progettati (ma molto ben “presentati” all’utenza).
Poi sarebbe utile sfruttare la enorme possibilità di comunicazione offerta dalla rete per attivarsi, fare concretamente, agire. All’indignazione (facile da scrivere nei forum) devono seguire i fatti. Oggi sono preoccupato perché sempre di più spopola la logica dell'”Armiamoci e partite”. La rete offre uno strumento potente (e temuto dai potenti) per partecipare alle scelte che ci condizionano la vita. Limitarsi a scrivere “piove governo ladro” in questa o quella mailing list magari fa sentire meglio sul momento. Ma non produce effetti e lascia le cose come stanno. Non ho ancora capito se è paura di impegnarsi o disinteresse. In ambedue i casi non sarebbe una bella cosa.”.

PI: Chi è protetto dalla legge sul diritto d’autore?
AM: Non certo gli autori ma chi sfrutta economicamente il prodotto dell’ingegno. Soprattutto non tutela un autore che non voglia iscriversi alla Siae. Eppure non esiste obbligo di iscrizione ma tutti paghiamo la tassa su cd, dvd, masterizzatori e hard disk che vanno a “compensare” le cosiddette copie personali assolutamente legali, introiti che finiscono nelle casse delle varie Royalty Collecting Society.

PI: Una tassa singolare…
AM: “Una “tassa” (in realtà quella sui supporti non è una “tassa” in senso tecnico, ma del concetto di “tassa” conserva l’odiosità e l’ingiustizia) iniqua che colpisce tutti indistintamente e che grava su tantissime persone ed imprese che acquistano hard disk e dvd per archiviare dati e che non hanno nulla a che fare con canzoni, pirateria, Siae e diritto d’autore.

PI: Perché la copia personale è lecita…
AM: Se non fosse lecita allora qualcuno dovrebbe spiegarmi perché paghiamo questa “tassa”.


PI: Come vengono applicate le leggi in questo settore, che riguarda tutti?
AM: Spesso vengono utilizzate come una clava e sempre al servizio delle lobby. L’importante è fare paura, spaventare, mandare a processo più gente possibile… e non importa se poi la maggior parte di queste persone è assolta dopo cinque anni.

PI: Come sempre sono gli interessi economici a farla da padrone…
AM: Bisogna guardare ora agli interessi della maggioranza: ben vengano gli interessi delle major, della Siae ma per avvantaggiare una parte non dobbiamo discriminare l’altra. Basterebbe qualche politico serio, coscienzioso e svincolato che proponesse una legge equa: chi vuole proteggersi sotto il cappello della Siae lo faccia (è un suo diritto) chi invece non vuole deve essere altrettanto libero di non sottostare a quelle regolamentazioni. Attenzione, però, a parlare di “tutto gratis”… non cadiamo in questo equivoco”

PI: Cioè?
AM: Produrre sapere costa e non possiamo pensare di sfruttare il prodotto dell’ingegno di qualcuno senza dare niente in cambio. Credo che sia giusto e doveroso ricompensare chi, con il proprio lavoro, fa qualcosa di buono per la collettività. Consentendogli di vivere della sua opera, gli consentiamo di continuare a regalarci Sapere.
Ecco perché sono contrario ad ogni forma di esproprio proletario o simili, anche e soprattutto quando è commesso da chi con gli autori non ha nulla da spartire e si avvantaggia iniquamente del loro lavoro. Sì, perché la “usurpazione” dei diritti la commettono anche quegli editori che “legano mani e piedi” un autore impedendogli addirittura di disporre della propria creazione.
Ecco che ritorna il discorso della civiltà di cui parlavamo prima. Prendiamo il caso di Pegasus mail : un programma ottimo ed utilizzato da milioni di persone. David Harris ha lavorato per 15 anni ed ha rilasciato numerose versioni del programma gratuitamente. Ora rischia di chiudere i battenti per mancanza di fondi. E’ solo un suo problema? Quanti fra quelli che per tanto tempo hanno usato il suo programma hanno acquistato, anche solo una volta, i manuali in modo da finanziare il progetto? Cosa sarebbe successo se ogni utilizzatore avesse dato anche solo un euro? Ecco il punto: pagare il giusto. Harris e quanti come lui – che non sono affatto degli stupidi – hanno creduto nell’idea del baratto: “conoscenza” in cambio di “sopravvivenza”.

PI: Sapere libero, dunque, ma per persone con coscienza e civiltà pronte a pagare il giusto prezzo dello sforzo dell’ingegno…
AM: Sì, perché grazie all’impegno concreto di un gruppo di persone coscienziose sono nati Unix, Linux, ed altri “oggetti” che hanno cambiato la vita di ciascuno di noi.

PI: E poi c’è questa notizia… Il tuo blog che concorre ad un’iniziativa di Rsf che incoronerà il blog che più di altri incoraggia ed esercita la libertà di espressione
AM: www.ictlex.net raccoglie riflessioni e materiali sul diritto, sulla politica e sulla cultura della rete. Ci sono più di 500 testi, fra i quali tutti gli articoli (assolutamente militanti) che ho scritto in oltre dieci anni e molto poco politically correct. Inoltre conta almeno 700 iscritti alla mailing list, cosa non banale, visto che Ictlex ha contenuti molto tecnici.
Non saprei perchè Rsf abbia scelto proprio il mio blog. Io piuttosto mi domanderei come mai un solo blog italiano è nella lista. Sono veramente l’unico che realmente vuole impegnarsi, rischiare, assumersi la responsabilità di trattare temi scottanti? Non credo proprio. Però il fatto rimane e merita più di una riflessione.

a cura di Alessandro Biancardi

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Pubblicato il
17 mag 2005
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