Se c’è un lato della vicenda Green Pass che segna indiscutibilmente i tempi di oggi è il fatto che a distanza di pochi giorni dagli scontri di Roma si registri l’oscuramento di un sito internet (quello di Forza Nuova) in conseguenza di una protesta legata a un QR Code.
Gli indagati svolgono mediante l’utilizzo del web un’attività di condivisione e giustificazione e dunque di esaltazione e incitamento alla commissione di reati connotati da violenza [con il rischio che] la libera disponibilità e la visibilità del sito possa ulteriormente aggravare e protrarre le conseguenze del reato ipotizzato, continuando a pubblicizzare metodi di protesta “di lotta e scontro”, fondati sulla violenza e sulla prevaricazione
La digitalizzazione della società passa attraverso questi segnali sottili, nei quali l’organizzazione delle proteste passa per le chat, il cuore della vicenda è una immagine contenuta su uno smartphone ed il dibattito collettivo (fortemente polarizzato) avviene su bacheche online. Se possibile, la pandemia e i suoi distanziamenti ha moltiplicato tutto ciò, rendendolo cosa di fatto integrata nella società nel modo più pervasivo e capillare mai visto fino ad oggi.
Quali impatti ha questa dinamica? Forma, sostanza, entrambe o cos’altro?
Innovazione invisibile e integrata
Per riciclare una parola ricorrente in questi giorni, quel che sembra evidente è il fatto che non esista una matrice digitale e che invece sia tutto perfettamente all’insegna di quel ciclo della storia in cui i fatti tendono a ripetersi ricalcando modelli, simboli e pratiche del passato. I movimenti contro il Green Pass sembrano essere per molti versi una conseguenza naturale di una azione di pressione che lo Stato ha imposto con la propria decisione di usare le Certificazioni Verdi come misura di controllo della pandemia. Ad ogni azione se ne scatena una uguale e contraria (benché spalmata su una risicata minoranza): no al lockdown, no alle mascherine, no ai distanziamenti, no a chiusure selettive, no al vaccino, no al Green Pass e via discorrendo. Normale e libero dissenso, ma nelle forme di una accesa e risoluta battaglia politica che sembra andare ben oltre la mera contrapposizione ad una singola misura per il contenimento di una pandemia. Ripetiamo insieme: “pandemia”.
Tornano in mente i No Euro di molti anni fa e i No-Vax degli anni passati (forse ci stiamo dimenticando quanti hanno opposto resistenza alle vaccinazioni obbligatorie a scuola per i bambini prima che la pandemia facesse deflagrare problemi più urgenti): quando lo Stato decide nel nome della politica, frange di popolo si sollevano nel nome della “libertà” – concetto sempre più astratto e sul quale non si trova più accordo alcuno. VerificaC19 diventa così icona del male e del bene, simulacro dell’inferno e del paradiso, senza punti di contatto tra visioni antitetiche ed incapaci di dialogare sulla base di elementi comuni.
C’è dunque ben poco di digitale in tutto ciò, se non nella forma. La formattazione è infatti quella a dialoghi brevi e scarsa elaborazione che le chat consentono, i social moltiplicano e i siti web di propaganda rilanciano: ad ogni passaggio ci si allontana dalla Verità, soprattutto se scientifica, perché ad imporsi sono le sue rappresentazioni ed i suoi improvvisati influencer. Così è stato per molte altre visioni in passato: dalle scie chimiche al 5G fino ai QAnon, in una sempiterna lotta tra scienza e alchimisti. Frange, minoranze, ma spinte da una compressione che in queste ore rischia di farsi ancor più deflagrante. Se poi si trova anche una sponda politica che funge da eco, ecco che la pressione aumenta e gli assalti in stile Capitol Hill tornano ciclicamente a sfogare la pressione accumulata.
Nulla di nuovo. Nulla di inatteso. In questa dinamica si è innestata però in questi anni una piazza virtuale nella quale l’energia si accumula prima di sfogarsi al di fuori: ribolle nel digitale, ma è al di fuori che si manifesta nella sua pericolosità. La dimensione online è in tal senso soltanto anticamera della protesta, punto di incontro tra anime differenti della ribellione, fin quando personaggi spesso ben addestrati riescono ad aprire la valvola di sfogo per catalizzare questo ribollire verso i simboli delle istituzioni. Spesso e volentieri online la pressione si consuma da sola fino a spegnersi. Raramente, invece, qualcosa la fa deflagrare per sfruttarne strumentalmente gli afflati nelle piazze. Questo meccanismo, queste scintille, questi personaggi: questo va compreso ai fini del mantenimento dell’ordine sociale. A ben poco serve invece creare pressioni censorie che spengano i già risicati punti di incontro che lo sterile dialogo online è in grado di creare.
La tecnologia è la nuova piazza
In tutto ciò non è in ballo una lotta contro il digitale, né una forma di neo-luddismo contro quei canali che veicolano la pressione statale: sono i medesimi sui quali si alimenta la protesta. Questo riafferma la centralità del digitale in ogni sua forma, in ogni sua espressione, come entità conclamata e parte integrante della realtà in ogni fascia di età, estrazione sociale, credo e convinzione. In ballo torna invece l’anarchia della lotta al potere, qualcosa di ben più istintivo e noto. Paure ataviche trasformano l’accettazione di una pandemia in una disfida tra chi cerca di scrivere regole di cura e contenimento (suggerite dalla scienza) e chi vorrebbe affidarsi invece a cure e regole alternative rispetto a quelle dell’ordine precostituito.
Gli animi, sempre più amareggiati dalla presenza de’ mali, irritati dall’insistenza del pericolo, abbracciavano più volentieri quella credenza: ché la collera aspira a punire: e, come osservò acutamente, a questo stesso proposito, un uomo d’ingegno, le piace più d’attribuire i mali a una perversità umana, contro cui possa far le sue vendette, che di riconoscerli da una causa, con la quale non ci sia altro da fare che rassegnarsi.
Alessandro Manzoni
Ed è così che ci si trova gli uni contro gli altri, con in mano un QR Code, “amici” sui social e lontani nelle convinzioni. Durerà poco, perché l’auspicio che unisce l’una e l’altra parte è che presto si possa tornare alla normalità senza certificazioni di mezzo. Ma ci si arriverà per strade diverse, pagando prezzi diversi, su fronti ormai irrimediabilmente polarizzati. Ognuno faccia la propria parte per evitare che questo 15 ottobre diventi un problema per tutti: un QR Code può animare le regole di una nazione, ma solo un approccio pacato al problema può consentire a tutti, nessuno escluso, di intraprendere il cammino verso quella luce che si intravede in fondo al tunnel.