“Hi-tech verde? Sì grazie, ma prima spiegateci cosa sia”. È questo il messaggio che i consumatori statunitensi mandano alle imprese del settore IT, secondo un recente survey di Consumer Electronics Association (CEA). Gli americani hanno sempre più a cuore l’efficienza energetica dei gadget che acquistano, ma si orientano a fatica tra le sigle e gli indici che dovrebbero misurarla, un problema diffuso anche in Europa.
La ricerca CEA esamina il grado di sensibilità dei consumatori nordamericani rispetto alle tecnologie verdi. In termini generali, l’attenzione per tali tematiche appare in forte crescita : per l’89% degli intervistati l’efficienza energetica sarà uno dei fattori chiave nelle scelte di acquisto future.
Allo stesso tempo, tuttavia, molti intervistati confessano di capire poco dei simboli e degli indici impiegati per misurare la “greeness” dei prodotti. Dei 960 individui intervistati, solo il 25% dichiara di sentirsi a proprio agio con gli indicatori, mentre nel 38% dei casi affermano di trovarsi “confusi” di fronte a indicatori ed etichette di “eco- friendly”.
“Uno dei più grandi ostacoli per noi è proprio la confusione dei consumatori rispetto al significato di green ” ha dichiarato Parker Brugge, il vice Presidente di CEA. Secondo il dirigente, il problema principale in questo senso sarebbe costituito dall’assenza di indicatori standard: i consumatori, spiega il comunicato stampa ufficiale di CEA, desiderano un modo semplice ed univoco per determinare se il prodotto rispetti i parametri ambientali.
Ma la ricerca evidenzia anche una più generale diffidenza dei consumatori nei confronti delle policy verdi delle aziende. Oltre la metà degli intervistati si dichiara diffidente rispetto a quello che legge e vede nelle schede di accompagnamento ai prodotti, e il 74% chiede che le corporations si impegnino più intensamente per il rispetto dell’ambiente.
Le preoccupazioni dei cittadini statunitensi sembrano trovare un riscontro nei risultati di un secondo rapporto, realizzato in questo caso da Forrester Research . I consumi associati ai computer aziendali, si legge nel documento, sono di tre volte superiori a quelli necessari per alimentare i datacenter, e gli amministratori IT fanno molto poco per ridurli.
Intervistato sulla questione, il curatore dello studio Doug Washburn punta il dito contro alcune abitudini consolidate : “Sfortunatamente ci sono leggende urbane – come il presunto spreco energetico associato all’accensione, o il risparmio derivante dall’impiego degli screen saver – che inibiscono l’azione delle aziende, ed anzi producono comportamenti ancor meno sostenibili”.
Il rapporto passa anche in rassegna alcune possibili misure di contrasto al fenomeno. Prima fra tutte, lo spegnimento delle macchine di notte e nei fine settimana: questa semplice attenzione potrebbe portare, secondo lo studio, un risparmio annuo variabile tra i 25 ed i 75 dollari per PC. Buon successo possono avere anche strumenti di power management, in grado di innalzare ed abbassare i consumi in momenti predefiniti.
Solo poche settimane fa un altro studio , pubblicato da BCG Group , aveva evidenziato la possibilità di ricavare ingenti risparmi da un uso più intelligente dell’IT aziendale. Nel documento si leggeva, in particolare, che lo sviluppo di infrastrutture IT più efficienti in termini di consumi potrebbe consentire, nei soli Stati Uniti, un risparmio in emissioni oscillante tra il 13 ed il 22% del totale nazionale entro il 2020.
Giovanni Arata