Speculatori vigliacchi, banche d’affari drogate dal profitto, manager avidi, finanzieri senza scrupolo, ma soprattutto l’amministrazione Bush, sono all’origine della crisi finanziaria che sta investendo i mercati internazionali. Ormai non c’è dubbio. Se esistesse un tribunale dell’economia mondiale, assisteremmo a un grande processo di banchieri, politici e funzionari. Tutti dietro le sbarre. E un giudice chiederebbe loro: “Siete voi colpevoli del reato di associazione a delinquere finalizzata all’avidità finanziaria e all’arricchimento personale, commessa a danno della comunità mondiale?”
Un tribunale del genere andrebbe creato. E tutti dovrebbero avere la possibilità di seguire le udienze via Internet. Purtroppo i network dell’informazione, incluse le onnipotenti televisioni, hanno volutamente chiuso gli occhi su questa “banda globale” che ha impoverito le economie di molti paesi. Eppure bisogna fermarsi a riflettere sulla natura di questa crisi nata a tavolino, usando complessi algoritmi finanziari che dovevano spalmare i rischi dei debiti contratti, dei mutui sub prime, dei derivati “tossici”. Un avvelenamento messo in pratica attraverso la connessione internazionale: computer, blackberry, smartphone, videotelefoni, e mail. Comprare, vendere, fregare. In molti casi è bastato un click. Alla fine gli stessi operatori finanziari si sono visti crollare il mondo addosso e sono piombati in un tecnostress psicologico, ormai incollati alla rete degli schermi per controllare l’andamento delle Borse, gli indici, le ricadute sugli investimenti, i patrimoni, la svalutazione delle azioni. E sotto stress c’è finita anche la gente normale, che non capisce bene a quali rischi va incontro con la recessione alle porte. Il portafoglio sarà più vuoto: questo è chiaro. Ma ci sono altri rischi?
Il mensile Prima Comunicazione nel numero di ottobre ha intervistato Francesco Micheli, finanziere e imprenditore, oggi impegnato nel mondo delle biotecnologie, autore della prima scalata in Piazza Affari (quella alla Bi.Invest) e protagonista del lancio dell’unica società italiana di tecnologia avanzata sopravvissuta al crollo della new economy (e.Biscom-Fastweb). La sua opinione su questa crisi finanziaria lascia meravigliati, ma provoca anche rabbia: “Erano quindici anni che certe aziende avvelenavano i pozzi. I veri padroni di questo andazzo sono stati i troppi manager che si sono arricchiti con stock option e bonus miliardari e che hanno fatto ricche le società di consulenza, gli avvocati d’affari e quel grande indotto che ha lucrato su un sistema avvelenato”. Sì, ma chi ha avvelenato i pozzi? Risposta lapidaria. “L’amministrazione Usa..”.
In questi giorni il repubblicano John McCain, candidato alla presidenza degli Stati Uniti, ha pubblicamente ammesso che l’amministrazione Bush: 1) ha commesso gravi errori nella gestione della politica economica; 2) ha sbagliato nel sottovalutare i rischi dei cambiamenti climatici. Adesso l’Europa e la Cina puntano l’indice contro l’America e chiedono più controlli. Ma quali responsabilità ha l’informazione e la comunità della grande Rete Internet? Abbiamo creato un moderno strumento digitale che dovrebbe favorire la democrazia e controllare i poteri forti, ma in realtà questo obiettivo è finora fallito. Eravamo impegnati a parlare di nuove tecnologie, innovazione, web economy, ma in fondo l’informazione – che è anche giornalismo – non ha puntato i riflettori su questa banda globale e sui loro perversi obiettivi. Anche in questo caso, bastava un click. E un po’ di coraggio.
Per dieci anni ho praticato giornalismo investigativo: alcuni libri che ho scritto erano denunce dettagliate di loschi affari organizzati da ministri e finanzieri, poi finiti sotto processo e in carcere. In quel periodo, ossia nei primi anni ’90, Internet muoveva i primi passi in Italia. Si denunciava soprattutto con la carta stampata. Ma oggi abbiamo un grande strumento che ci consente di pubblicare notizie in tempi rapidi – ad esempio su un blog – supportando la nostra informazione con contenuti audio e video. Credo che una delle lezioni di questo tracollo finanziario sia la necessità di assumerci la responsabilità collettiva di informare. Non vale più solo per i giornalisti. I veri protagonisti della nuova “informazione web” sono cittadini, blogger, manager con una coscienza etica, ambientalisti e tutti coloro che possono documentare un fatto che impedisca un sopruso, un’ingiustizia, un avvelenamento di pozzi. È il potere di un click che mira al bene comune.
Enzo Di Frenna
www.enzodifrennablog.it
runfortecnostress.ning.com