Roma – Riceviamo e pubblichiamo di seguito una missiva che contiene il commento dell’associazione Anti Digital Divide , da lungo tempo attiva per accelerare la diffusione del broad band su tutto il territorio nazionale, che tocca alcuni dei nodi più caldi delle TLC nostrane
Giorni turbolenti per il mercato delle TLC. Tutti dicono la loro… se permettete noi utenti vorremmo dire la nostra. Magari un punto di vista senza interessi economici può essere utile.
Ricordiamo solo che lo stato italiano è socio nell’affare Telecom Italia dal tempo della privatizzazione ed ha lasciato che, nel tempo o nelle scalate, fosse possibile aumentare il debito e contestualmente distribuire dividendi.
Da poco esperti di finanza, suona come un disinteresse al business dell’azienda ed un forte interesse alla monetizzazione istantanea dei soci.
Questa logica, a prescindere dal mercato delle TLC, è l’estrema miopia della classe dirigente italiana!
Vorremmo riportare alcune nostre considerazioni su diversi temi che in questo periodo ci hanno travolto.
Dal Servizio Universale:
“Il contenuto del servizio universale può evolvere sulla base del progresso tecnologico e degli sviluppi del mercato e la relativa valutazione e la sua eventuale revisione sono effettuate almeno ogni due anni dal Ministro delle comunicazioni, sentita l’Autorità.”
È arrivato il momento che il S.U. si evolva! Sono passati quasi dieci anni e il mondo della rete non è più quello del ’97.
Oggi si parla di WI-FI, Wimax, HSDPA che in quegli anni se ancora non esistevano erano comunque sconosciute ai più e di velocità abnormi (2M, 4M,…,20M,50M) al tempo impensabili. Invece ora sono realtà.
Ma in questa realtà c’è chi rimane al palo senza alcuna metodologia per usare l’ormai famigerata banda larga.
Giorni addietro abbiamo appreso la “fantastica” soluzione trovata dall’incumbent, il Progetto Anti Digital Divide . Perbacco! Siamo onorati da cotanta attenzione! La compagnia telefonica monopolista dell’ultimo miglio, dopo mesi e mesi di duro lavoro da parte della nostra associazione ci intitola perfino il piano per portare l’ADSL nelle zone marginali… Quando abbiamo ricevuto la notizia, prima di approfondire, stavamo preparando le tessere onorarie della nostra associazione per il Sig. Tronchetti Provera e il Sig. Ruggiero.
Leggendo più approfonditamente ci abbiamo ripensato e temiamo che il nostro nome, Anti Digital Divide, sia stato dato volontariamente per farci cadere in una causa che per noi “Volontari” poteva segnare la fine della nostra associazione e della nostra battaglia di diritti. Ciò non è successo, non abbiamo minacciato nessuno, ma riteniamo che tale nome non sia possibile associarlo a ciò che andiamo a spiegare.
Esaminato bene, il piano anti digital divide di Telecom in realtà getta le fondamenta per un nuovo digital divide.
Dopo i “temporanei” (ma molto permanenti) MUX/UCR (formidabili apparati per la fornitura di telefonia di base RTG ma limitanti la banda/utente a 64kbps) sparsi agli angoli delle strade italiane sin dagli anni ’90, considerati in quel periodo la panacea per la fonia, ora l’incumbent cerca di colmare il gap tecnologico di alcune centrali installando in esse miniDSLAM che potranno solo fornire miniADSL a massimo 640kbps per utente, quando già si sa che ci sono progetti per portare la rete a velocità nettamente superiori (vedi VDSL) e quando in città si veleggia a 20 mega, con VOIP e IPTV al traino.
Ora con questo “progetto”, l’incumbent pensa di mettere una pezza sul problema pensando di farci credere che il suo impegno a favore dei digital divisi è deciso e proficuo, quando in realtà si tratta di una “mezza toppa” ovvero di una coperta troppo corta: si annuncia con enfasi l’introduzione nella propria rete di miniDSLAM per rete in rame e da centrale, quindi uso “indoor” ma si evita accuratamente di menzionare i nuovi VERI miniDSLAM e, caratteristica fondamentale, da uso “outdoor” QUINDI IMPLEMENTABILI SU STRADA nelle zone in cui da ormai dieci anni si fa uso dei “provvisori” apparati multiplexer asincroni. Questi VERI miniDSLAM esistono e sono operativi da almeno tre anni in Australia, Nord Europa, Canada e USA e sono probabilmente noti all’incumbent il quale però ufficialmente sembra ignorarne l’esistenza.
Bloccando di fatto l’accesso al servizio adsl a milioni di utenti italiani, poiché tali apparati sono presenti, a macchia di leopardo, ovunque in Italia, anche (e soprattutto) nelle aree metropolitane periferiche e a valle di centrali telefoniche attive per adsl da anni.
Per questo la nostra associazione Anti Digital Divide (quella vera) si domanda e domanda cosa sta facendo e quando intende farlo Telecom Italia per risolvere il problema dei digitaldivisi a causa di MUX/UCR. E se non sia il caso, di renderli fuorilegge, magari con apposito decreto (ricordiamo che la costituzione della Repubblica Italiana è garante di pari diritti per ogni cittadino a prescindere da razza, cultura, ceto economico e sociale e provenienza/residenza geografica).
In questi giorni è stato anche pubblicato Il libro bianco sulle ICT 2006 della Margherita, scritto dal prof. Paolo Zocchi. Si realizza finalmente un progetto volto a combattere il digital divide ma rimaniamo un po’ interdetti nel leggere che ci vorranno 7 anni per realizzare l'”asta delle centrali”, con una percentuale di copertura annua delle centrali scoperte che si stima del 15%.
È una percentuale di copertura degli scoperti di tutto rispetto ma riteniamo che potrebbe essere da subito aumentata, quantomeno nel breve/medio periodo, da una “eliminazione” di apparati limitanti o MUX che si possono trovare sullo stadio di linea.
Non ci sembra adeguato che si parli solo di copertura delle centrali, ma si deve parlare anche di copertura del territorio, poiché così coprendo solo le centrali resterebbero i soliti MUXATI che non potrebbero godere dei privilegi della banda larga e sarebbe una copertura a metà.
Gli italiani hanno aspettato ed aspettano da anni!
Non si può ammodernare un paese, nel senso delle ICT, diluendo per così tanto tempo la copertura in banda larga, che dovrebbe essere già da tempo nel Servizio Universale ed invece non c’è.
Nelle ultime ore si sta assistendo ad una serie di vicende che stanno interessando l’incumbent nonché il futuro delle TLC in Italia che a livello finanziario non ci può e non ci deve interessare. L’unico nostro interesse e aumentare la concorrenza garantendo più servizi ad un costo equo ai consumatori.
L’accanimento mediatico, chi a favore e chi contro lo scorporo della rete, indica che questo tema resta un nervo scoperto della brutta privatizzazione di dieci anni fa. Chi piange miseria e complotti confidandosi con i giornali amici e controllati, chi fa “mea culpa” o si dissocia da questo progetto: nessuna di queste posizioni è accettabile!
I giornalisti italiani, benchè molto attenti al gossip finanziario, non verificano e non indagano MAI sulle “malattie” del sistema. Prendendo per oro colato tutto ciò che i più grandi finanzieri dicono o scrivono, si rischia di sminuire il proprio mestiere a mero “ambasciator” che non porta mai pena! Questo perché in questo momento di trambusto l’attenzione verte soprattutto sul pettegolezzo e non su una fotografia dettagliata di ciò che è il sistema TLC italiano!
La stampa WEB è sempre ben attenta a ciò che succede in questo mercato, ma quella tradizionale sembra abbia “paura” a scrivere queste verità. Infatti non ha fatto eco la notizia di AGOSTO che col senno di poi risulta veggente.
ADD come più volte ha ribadito sostiene ed incoraggia lo scorporo della rete Telecom, non per osteggiare tale società, ma per dare slancio al mercato TLC in Italia a tutto vantaggio di imprese, istituzioni e cittadini che ormai da troppo tempo attendono fiduciosi.
Deve quindi essere attuata la divisione di Telecom Italia in due società distinte, sul modello inglese, una che si occupi della rete e della vendita all’ingrosso, con tariffe uguali per tutti gli operatori, l’altra della vendita dei servizi al dettaglio, servizi che acquisterebbe alle stesse condizioni dei competitor, dalla prima società.
La società gestore della rete dovrebbe a tutti gli effetti essere una società garante, nel rispetto di nuove regole, stabilite dalle autorità garanti delle comunicazioni e del mercato, e dal ministero delle comunicazioni.
Tale società infatti avrebbe in mano uno degli asset fondamentali del “sistema Italia”, e di conseguenza deve essere sottoposta a vincoli nella sua gestione.
L’onere di questa nuova entità sarebbe di garantire presso le centrali il servizio universale, contemplando obbligatoriamente anche la predisposizione per l’accesso all’ultimo miglio a chiunque abbia licenza di operatore con il giusto costo di affitto.
Tutti gli operatori, alle stesse condizioni, riscatterebbero all’ingrosso il canone telefonico dallo Stato, che dovrà fissarne l’entità calcolandolo con il metodo cost plus cioè basandosi sui costi effettivi sostenuti per fornire il servizio di accesso.
In questo modo si premierebbero gli operatori che hanno investito nella costruzione di una rete di accesso proprietaria e si incentiverebbero tutti gli operatori a investire in una propria infrastruttura, questo porterebbe ampi benefici agli utenti, che avrebbero maggiori possibilità di scelta, con tariffe minori e qualità dei servizi più elevata, grazie all’aumento della concorrenza. Naturalmente Telecom continuerebbe a dover essere notificato come operatore dominante almeno finché la sua quota di mercato non risulti inferiore al 50%.
Tale decisione secondo noi aiuterebbe anche la telefonia, ricordiamo che nei territori digital divisi infatti non è possibile utilizzare servizi di altri provider.
Non vogliamo tediare, ma rimarcare che il problema non si pone solo nei luoghi dispersi ma alle porte della grande città, e spesso anche all’interno della grande città stessa.
Un’altra parola andrebbe spesa per quelle associazioni, stile Confindustria, Confcommercio e altre, delle quali non abbiamo mai sentito o letto dichiarazioni a difesa dei propri consociati digital divisi. Questo fa capire sempre più come l’interesse “privato” sia più forte e penetrante del bene pubblico! In questa maniera NON SI PUÒ FARE “SISTEMA PAESE”! NON È POSSIBILE INNOVARE SENZA UNO SBOCCO SULLA RETE!
La nostra ipotesi non è una ingerenza nei confronti di una azienda privata, ma l’applicazione, vedi in UK, di quelle che sono regole fondamentali per un mercato libero e realmente competitivo.
ADD da tempo si batte perché ci sia lo scorporo della rete, ritiene che questa decisione non sia più rimandabile.
Infatti crediamo che ogni azione che venga incontro alle necessità degli utenti, comprese aziende ed istituzioni, debba avere il nostro plauso.
Dalle ultime notizie però non crediamo si stia procedendo in questo senso e riteniamo, contrariamente a quanto affermato dall’ex presidente di TI, che l’autorità garante delle comunicazioni si sia comportata, storicamente, in maniera sin troppo “soft” con l’incumbent.
Crediamo che le istituzioni, compresa la comunità europea, non abbiano garantito abbastanza una pari dignità nell’accesso alle nuove tecnologie ed una apertura VERA del mercato. Ancora oggi utenti italiani pagano di più per avere di meno rispetto ai nostri cugini francesi. Ma di questa cosa ce ne siamo dimenticati? Abbiamo vinto i mondiali ma come sempre ci perdiamo la faccia?
Siamo, come al solito, disponibili ad apportare il nostro contributo e ci auguriamo che tutto questo chiasso mediatico possa, in qualche modo, dare lo spunto per un riassesto dell’intero sistema e che per una volta si riesca ad oltrepassare l’ostacolo di slancio senza vivere perennemente nell’urgenza, proiettando verso il futuro l’intera nazione.
In questo senso chiediamo che prevalga “L’INTERESSE NAZIONALE” su posizioni di parte. Che ogni schieramento politico, i diretti interessati e tutte le associazioni in causa guardino al di là del proprio naso!
Nella speranza che il Neo presidente, Sig. Guido Rossi, ascolti il grido che tutto il mercato ed i poveri sfortunati digital divisi gli rivolgono che dovrebbe dare quella scossa che servirebbe all’intera nazione, gli auguriamo Buon Lavoro.