“Telecom Italia ha abusato, con due distinti comportamenti, della posizione dominante detenuta nella fornitura dei servizi di accesso all’ingrosso alla rete locale e alla banda larga, ostacolando l’espansione dei concorrenti nei mercati dei servizi di telefonia vocale e dell’accesso ad internet a banda larga”: così recita il comunicato pubblicato il 10 maggio sul sito dell’ AGCM , l’autorità garante della concorrenza e del mercato, che ha sanzionato l’azienda telefonica con una multa da oltre 100 milioni di euro . L’istruttoria sul caso era partita a giugno 2010 dopo la denuncia di due concorrenti .
Come detto, sono due i punti all’ordine del giorno che hanno fruttato 103,794 milioni di multa all’incumbent : il primo è relativo alla gestione dei servizi all’ingrosso, in cui di fatto TI avrebbe messo in pratica un’ azione discriminatoria nei confronti della concorrenza che tentata di avere accesso all’infastruttura per l’attivazione di propri contratti. Il secondo riguarda invece le offerte economiche alla clientela business , su cui Telecom Italia avrebbe praticato tali ribassi da rendere non replicabili le stesse condizioni da parte della concorrenza e dunque mettendola fuori mercato.
Nel documento dell’authority, sul primo punto, si legge: “Dai dati emersi nel corso dell’istruttoria risulta che Telecom, nell’esercizio della propria discrezionalità, ha trattato gli ordinativi provenienti dagli altri operatori in modo discriminatorio rispetto a quelli provenienti dalle proprie divisioni interne. Attraverso tali comportamenti Telecom ha ostacolato l’accesso dei concorrenti all’infrastruttura, sia nel caso della fornitura di servizi su linea attiva, sia nel caso della fornitura di servizi su linea non attiva. Ciò ha di fatto reso significativamente più difficoltoso per gli altri operatori, il processo di attivazione dei servizi di accesso alla rete rispetto alle divisioni interne di Telecom”. Per questa infrazione la multa deliberata è di 88,182 milioni di euro.
La seconda questione è un po’ più complessa: “In sostanza Telecom ha disegnato una politica tariffaria per la grande clientela business contraddistinta (…) dalla capacità, dati i costi di accesso alla rete praticati agli altri operatori, di comprimere i margini dei concorrenti altrettanto efficienti, con effetti restrittivi della concorrenza sul mercato al dettaglio dei servizi di accesso alla clientela non residenziale. Gli sconti praticati alla clientela sono stati infatti indirizzati selettivamente ai clienti che ricorrono a procedure di selezione del fornitore e che sono collocati in aree aperte alla concorrenza”. In altre parole, laddove era possibile l’unbundling, Telecom praticava prezzi stracciati, impossibili da replicare per chiunque avesse dovuto già pagare le tariffe all’ingrosso da lei stessa imposte: “L’analisi dell’Antitrust ha dimostrato che Telecom non sarebbe stata in grado di offrire i servizi al dettaglio ai prezzi praticati senza subire perdite se avesse sostenuto i costi all’ingrosso praticati ai concorrenti”. Questa infrazione è costata alla telco 15,612 milioni di euro.
In entrambi i casi, ha costituito aggravante la recidività di Telecom Italia in materia di antitrust, mentre le perdite accumulate in questi anni dal gruppo sono state considerate attenuanti.
Luca Annunziata