Milano – Una settimana di colpi di scena ha cambiato repentinamente lo scenario della turbinosa vicenda Telecom Italia : dopo l’annuncio del riassetto organizzativo e la notizia di quello che è stato definito un piano segreto , le dimissioni del presidente Marco Tronchetti Provera, ufficializzate venerdì scorso da un CdA convocato a tempo di record, sono state apprese dal mercato e dai risparmiatori con stupore e anche, per alcuni versi, con preoccupazione.
“La decisione (delle dimissioni, ndr.) – riferisce un comunicato diffuso dall’azienda – è stata motivata dall’intento di salvaguardare l’interesse dell’azienda e degli azionisti a proseguire nella gestione in continuità con l’indirizzo strategico individuato dal Consiglio, sottraendo la Società alle tensioni che si sono venute a determinare ed evitando che l’ingiustificata personalizzazione delle vicende degli ultimi giorni metta a repentaglio la realizzazione di tale indirizzo strategico e le conseguenti operazioni di riorganizzazione deliberate”.
Nel rispetto delle decisioni prese dal presidente uscente, il consiglio ha così nominato quale presidente, in sua sostituzione, Guido Rossi, cui faranno capo anche le funzioni di general counsel e di gestione delle relazioni istituzionali, in precedenza attribuite a Carlo Buora, ora vice presidente esecutivo a cui sono state conferite le responsabilità organizzative. Confermati Gilberto Benetton (vice presidente) e Riccardo Ruggiero (amministratore delegato).
Un destino legato a Telecom Italia, quello di Guido Rossi: già presidente nel 1997, è l’uomo che ha guidato (un nome, un destino, una vocazione) l’azienda alla privatizzazione e alla quotazione in borsa. E alla sua consulenza Tronchetti Provera ha fatto ricorso anche recentemente: all’inizio del 2006, il professore fu incaricato di valutare l’opportunità di presentare denuncia in Procura per movimenti sospetti sui titoli Olivetti, onerosamente acquistati nell’estate del 2001.
Con il ritorno di Rossi, molti analisti ritengono si possa mettere fine ad un periodo “fumoso”, pieno di incertezze, indiscrezioni e presunte ingerenze politiche da parte del governo come quella vissuta oggi da Telecom: al famoso “piano segreto” che sarebbe stato redatto “artigianalmente” da Angelo Rovati era stato inizialmente attribuito un patrocinio istituzionale perché accompagnato da un biglietto intestato “Presidenza del Consiglio dei Ministri”. E sulla questione Telecom è intervenuta anche Agcom che, nel convocare i vertici dell’azienda per avere un quadro preciso della situazione, attraverso fonti esterne fa sapere di non avere mai ricevuto, formalmente o informalmente, alcuna informazione sul riassetto organizzativo Telecom, “mentre agli analisti – riferisce l’agenzia ASCA – Tronchetti aveva manifestato l’orientamento positivo sul riassetto da parte dell’autorità guidata da Corrado Calabrò”.
Per quanto riguarda l’idea di istituire una “cabina di regia” tra Telecom Italia e Authority per gestire la situazione, Calabrò ha affermato che l’ Ofcom , l’authority britannica, “ha seguito questa strada, ma solo dopo l’acquisizione degli elementi la valuteremo”. Né l’Agcom cambia strada dopo quanto dichiarato da Provera, secondo il quale le pressioni che l’Authority avrebbe esercitato negli ultimi tempi avrebbero contribuito alla decisione di separare i business fisso e mobile. L’Agcom ha infatti ribadito “i propri indirizzi in materia di trasparenza nei rapporti tra Telecom Italia e i concorrenti” già dichiarati nella relazione presentata al Parlamento in luglio in cui l’incumbent veniva sollecitato a favorire una maggiore trasparenza, utile “a togliere asprezza al contenzioso ingeneratosi, hic et inde, tra l’operatore dominante e gli operatori alternativi”.
Intanto sul cosiddetto “piano Rovati” intervengono anche i provider di Assoprovider : pur non entrando nel merito della presentazione del piano e delle altre vicende politico-finanziarie che ci girano attorno, Assoprovider sottolinea quanto la proposta non debba essere dimenticata ed anzi indica la necessità che sia posta al centro.
“Come dimostra il recente report ECTA – scrive l’Associazione – non è piu possibile lasciare infrastrutture, monopoli naturali, strategici per il bene del paese e da cui dipende la parte sana dell’imprenditoria italiana, nelle mani di soggetti che dimostrano di frequentare più facilmente gli strumenti del “leverage buy out” piuttosto che quelli della pianificazione industriale.
Non conoscendo il testo nel dettaglio, una valutazione attorno agli 8 miliardi, che ricomprenda anche i cavidotti, le centrali e i servizi di gestione e manutenzione, rappresenta una operazione industriale che non porterebbe a perdite lo stato.
Riteniamo che lo sviluppo di questo paese passi per il ridimensionamento delle pretese dell’economia oligarchica e che vadano garantiti spazi anche alla libertà di divenire imprenditori in qualsiasi settore ma sopratutto quando la materia prima per svolgere il proprio ruolo di imprenditore sia un bene della collettività.
Alienare ad un solo privato il totale controllo di un bene della collettività è contro i più elementari principi del liberismo ed è tempo di porre rimedio a questa anomalia che ingessa il mercato”.
“Vogliamo sperare – chiude l’Associazione – che le modalità “disinvolte” della gestione della proposta non diventino la scusa per mettere la pietra tombale sull’iniziativa di separazione strutturale della rete che da tempo invochiamo”.
Dario Bonacina