Roma – Un docente di materie scientifiche vestito con abiti tradizionali musulmani si presenta in aula per fare lezione, un suo alunno riprende tutto con il cellulare e lo pubblica su Internet. Questi gli ingredienti dell’ennesima polemica sull’uso del telefonino a scuola riportata questa volta dalla freepress di Leggo , una polemica fomentata anche dalla denuncia presentata dall’insegnante.
Lo racconta lui stesso: “Si parlava di fisica termodinamica e mi sono così vestito per far capire ai ragazzi che nel deserto ci si veste in questo modo per tenere il fresco d’estate e il caldo d’inverno. Ho provveduto quindi a presentare denuncia alla Polizia Postale. Nessuno ha autorizzato la diffusione di quel video, peraltro registrato a mia insaputa in classe”.
Il video, mentre scriviamo ancora disponibile su YouTube , è stato realizzato con un tvcell da uno studente che a questo proposito avrebbe scritto che “il suo ruolo (dell’insegnante, ndr.) è quello di insegnare e non quello di esibirsi come sembra bravo ed allenato a fare”. A difendere l’insegnante, che ha comunque assicurato che “un gesto di questo genere non lo rifarei”, è intervenuto il preside dell’Istituto, secondo cui “la nostra scuola fa dell’integrazione tra le varie religioni un cavallo di battaglia. Chi ha messo quel video in Internet, peraltro vecchio, ha sbagliato”.
Questa polemica solleva attenzione anche perché appare come un condimento perfetto alle dichiarazioni del commissario europeo alla Società dell’informazione, Viviane Reding, rese ieri nel corso delle celebrazioni del Safer Internet Day . Secondo una consultazione pubblica della UE, in Italia praticamente tutti i minori tra i 14 e i 18 anni hanno un cellulare, ma non mancano i bimbi di 5 anni dotati di telefonino. I dati evidenziati da Eurobarometro parlano chiaro: il 70% dei minori tra i 12 e i 13 anni ha un cellulare e sono molti i giovanissimi che vengono lasciati liberi di utilizzarlo senza alcun controllo da parte dei genitori. In questo senso gli italiani sono “precoci” rispetto a quanto accade negli altri paesi dell’Unione. Il tutto condito da una sostanziale ignoranza sui rischi nell’uso del telefonino , in particolare nelle funzioni di ripresa video e delle conseguenze su privacy e diritto all’integrità personale.
Reding ha dunque applaudito all’intesa annunciata proprio ieri dalle telco europee per trovare una via verso il cellulare dei bambini . Si tratta di un accordo per la realizzazione di un codice di regolamentazione per tutelare gli utenti più giovani da atti di pedofilia e bullismo, e per evitare il rischio che possano accedere a materiale per adulti.
A sottoscrivere l’appello sono stati 23 operatori, tra cui Deutsche Telekom, Vodafone, Orange e Telecom Italia, che si sono impegnati a sviluppare “adeguati sistemi di controllo” sull’accessibilità ai contenuti vietati ai minori, ma anche a collaborare con le Authority e ad avviare campagne di sensibilizzazione presso i consumatori. “Questo accordo è un passo avanti importante per la sicurezza dei bambini”, ha dichiarato Reding. L’intesa prevede una scadenza di massima: l’introduzione di nuovi codici di autoregolamentazione dovrà avvenire entro un anno.
L’autoregolamentazione, secondo la Commissione, è la strada migliore da percorrere per raggiungere l’obiettivo di una tutela efficiente in tempi rapidi, visti i lunghi tempi di reazione delle burocrazie delle singole istituzioni nazionali. Alcune aziende si sono già mosse, offrendo ai genitori un servizio “ad hoc” che unisce il “controllo parentale” alla volontà di dare ai minori uno strumento di comunicazione. Un esempio su tutti, conosciuto anche in Italia, è il Primofonino lanciato da Vodafone.