Alla fine l’ha spuntata Telegram: il ban imposto nel 2018 dalla Russia si è rivelato inutile e il paese ha deciso di interrompere ogni sforzo finalizzato a impedire l’utilizzo dell’app. Il blocco era stato introdotto in seguito al rifiuto della software house di concedere alle autorità le chiavi crittografiche necessarie per sbirciare nelle conversazioni degli utenti con l’obiettivo dichiarato di contrastare il terrorismo.
Telegram non è più colpito dal ban in Russia
Due anni fa lo sconto a viso aperto tra Pavel Durov, imprenditore russo autore dell’app, e il Roskomnadzor, l’organismo federale che nel paese si occupa di regolare l’ambito delle comunicazioni. Lo sviluppatore ha rispedito al mittente la richiesta, affermando che la privacy è una priorità assoluta e la sua tutela non può essere compromessa nemmeno se lo scopo è quello di condurre un’indagine.
Il tentativo di limitare l’impiego di VPN e provy si è rivelato vano. Inoltre Telegram ha potuto contare su una nutrita schiera di sostenitori tra le autorità del paese che l’hanno impiegata anche in tempi recenti per le comunicazioni legate alla gestione della crisi sanitaria. Dal canto suo la software house si è comunque impegnata in modo diretto per combattere qualsiasi abuso dello strumento, in special modo quelli perpetrati da movimenti estremisti.
Di recente la società ha deciso di abbandonare definitivamente il progetto TON (Telegram Open Network) che avrebbe portato al lancio della criptovaluta Gram, un’iniziativa messa in campo nel 2017, ma che fin da subito si è trovata a dover fare i conti con l’opposizione di alcuni organismi a livello internazionale compresa la Securities and Exchange Commission statunitense.