Un tempo, Telegram era il rifugio sicuro per chi cercava un’app di messaggistica a prova di ficcanaso. Ma ora, qualcosa è cambiato. I nuovi dati rilasciati dall’azienda rivelano un’amara verità: le richieste di informazioni sugli utenti da parte delle forze dell’ordine sono schizzate alle stelle nell’ultimo anno. E, sorpresa, Telegram ha iniziato a collaborare.
Ma cosa ha fatto cambiare idea a Telegram? Forse l’arresto di Pavel Durov. Il CEO è stato beccato in Francia ad agosto per aver fatto muro contro una richiesta di dati su un caso di abusi su minori. E da quel momento, la piattaforma ha mollato la presa sulla sua politica di tolleranza zero verso le segnalazioni di abusi.
Telegram cede più dati utenti alle autorità
Nel 2024, Telegram ha consegnato numeri di telefono e indirizzi IP di oltre 2.000 utenti alle autorità americane, in quasi 1.000 occasioni. Un bella differenza rispetto ai mesi prima, quando le richieste accolte si contavano sulle dita di una mano.
Ma gli Stati Uniti non sono l’unico Paese a cui Telegram ha aperto le porte dei suoi server. In India, l’app ha condiviso i dati di 23.535 utenti per ben 14.641 volte. E anche nel Regno Unito si è registrato un aumento: 142 richieste accolte, che hanno riguardato 293 utenti.
La fine di un’era per la privacy online?
Per avere un quadro completo della situazione, il sito Meduza ha creato una mappa interattiva che mostra le richieste di dati inviate a Telegram in tutto il mondo. Purtroppo, i dati sulla trasparenza di Telegram sono accessibili solo agli utenti registrati e limitati alla regione di appartenenza. Ma già così, il trend è chiaro.
Forse, nell’epoca in cui ogni nostra mossa online lascia una traccia indelebile, sperare in una privacy assoluta è solo un’illusione.