Telelavoro, quando casa è una prigione

Telelavoro, quando casa è una prigione

Sono sorvegliati, sferzati e non possono nemmeno operare in pigiama. Il capo li sta guardando. Attraverso una webcam
Sono sorvegliati, sferzati e non possono nemmeno operare in pigiama. Il capo li sta guardando. Attraverso una webcam

L’intimità domestica del telelavoratore non è affatto intima. Giacca e cravatta d’ordinanza, non è possibile distrarsi né pascolare online: il capo sta guardando.

lavorare da casa Il telelavoro migliora la qualità della vita e rende produttivi . Anche perché non è possibile adagiarsi. È il Wall Street Journal a documentare quanto accade in certi studioli di impiegati che svolgono le loro mansioni da casa. Il dipendente riteneva di poter rispettare le proprie scadenze gestendo autonomamente i propri tempi, confidava nel fatto di poter assecondare i propri ritmi biologici sfuggendo alla sorveglianza dell’occhiuto capoufficio. La propria postazione di lavoro domestica si è tramutata in un panopticon .

A garantire che freelance che si occupano di programmazione, grafici e giornalisti, operatori di call center si adoperino per il bene delle aziende che servono sono intermediari quali oDesk . Vendono all’azienda il lavoratore richiesto: nel pacchetto è compresa l’ assicurazione di produttività . A sferzare la forza lavoro ci sono i sistemi di sorveglianza inclusi nel prezzo: al telelavoratore che trova un impiego attraverso oDesk è richiesta l’installazione di strumenti di produttività .

Ad intervalli regolari scattano screenshot per documentare quanto avviene sullo schermo del telelavoratore, tengono traccia di tutto quel che il dipendente fa con il proprio computer, dell’attività e dell’inattività , dei tempi spesi per svolgere un compito e di tutte le operazioni svolte per portarlo a termine. “Non puoi giocare a Blackjack. Non puoi guardare YouTube. Perché? – provoca Gary Swart, a capo di oDesk – Perché ti sto guardando mentre lavori”. È uno spionaggio pervasivo quello venduto da oDesk alle aziende che vi si affidano: il telelavoratore deve attenersi alle più rigide norme del galateo per non farsi sorprendere dagli scatti della webcam che sei volte all’ora, ma non ad intervalli regolari, immortala qual che avviene di fronte allo schermo.

Screenshot oDesk Questo monitoraggio pervasivo non si giustifica con esigenze di sicurezza , troppo spesso trascurate da dipendenti casalinghi e da aziende che non svolgono abbastanza controlli per assicurare che l’oggetto del lavoro sia tutelato da occhi indiscreti. È un regime di sorveglianza che fa perno sulla produttività.

Le aziende? La soddisfazione è incontenibile: stanchi di doversi immischiare nella corrispondenza email dei dipendenti ordinari, annoiati dalle pratiche di spionaggio aziendale alle quali sono autorizzati e costretti , i datori di lavoro si compiacciono della solerzia dei teleimpiegati. Quelli sorvegliati rendono fino al 25 per cento in più, spiegano i rappresentanti delle aziende al Journal .

Non vivono rilassati nemmeno gli operatori di call center: costretti a programmare le pause non pagate dedicate ad espletare le impellenze fisiologiche, vivono l’orario di lavoro sommersi dalla telefonate che aziende come Working Solutions si preoccupano di registrare e esaminare a mezzo software. Il tutto deve svolgersi nel più religioso silenzio: miagolii, lavatrici, clangore di posate non devono innervosire utenti inviperiti che l’operatore ha il compito di sedare.

Un impiegato statunitense su quattro nel 2007 ha lavorato da casa per almeno un giorno della settimana, metà delle aziende d’oltreoceano e europee consentono ai propri dipendenti di svolgere il proprio lavoro al di fuori delle mura dell’ufficio. Qualcosa si sta timidamente muovendo anche in Italia. Ma c’è anche chi non abbandonerebbe mai il proprio cubicolo.

Gaia Bottà

(fonte immagini: qui e qui )

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Pubblicato il
31 lug 2008
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