Tra qualche ora la Commissione Affari Costituzionale del Senato sarà chiamata ad esaminare e votare il testo della legge di conversione del decreto-legge 25 settembre 2009, n.135, recante disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari e per l’esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee.
Come ben sanno i lettori di Punto Informatico , tra le tante disposizioni contenute nella legge di conversione sulla quale stanno per pronunciarsi i senatori ve ne è una dalla quale dipende, in buona misura, la serenità ed il silenzio che nei giorni che verranno regnerà o non regnerà nelle nostre case e, ciò che più conta, la possibilità che ciascuno di noi avrà o non avrà di sentirsi davvero padrone dei propri dati personali.
Si tratta delle previsioni oggetto dell’emendamento presentato dal Senatore Malan in materia di telemarketing. Inutile ripetere che tale emendamento mira sostanzialmente a trasferire sul singolo consumatore ed utente l’onere di segnalare la propria volontà di non ricevere telefonate promozionali ed a stabilire il principio – diametralmente opposto a quello attualmente vigente – secondo il quale in assenza di una simile volontà tutti i numeri telefonici dei cittadini italiani devono ritenersi utilizzabili per finalità di telemarketing.
Come se ciò non bastasse lo stesso emendamento prevede altresì che il consumatore debba “rinnovare” ogni 24 mesi la propria volontà a non essere disturbato e che sino a quando il registro negativo destinato a raccogliere le citate manifestazioni di volontà dei consumatori non sarà stato implementato, i nostri numeri di telefono potranno continuare ad essere utilizzati per finalità promozionali senza alcun limite ed a prescindere da ogni nostra manifestazione di volontà.
Il rischio che all’indomani dell’approvazione della legge i nostri telefoni ricomincino a squillare come prima e più di prima è, dunque, elevato.
Esiste, tuttavia, un fronte del no che potrebbe evitare di veder completamente sacrificata la privacy dei cittadini italiani sull’altare degli interessi economici di uno spauruto gruppo di società di telemarketing che, probabilmente, daranno anche lavoro a qualche migliaio di persone ma che, sin qui, hanno “maltrattato” il diritto alla privacy di centinaia di migliaia di cittadini.
Si tratta di un “fronte del no” moderato che propone una soluzione di compromesso, rinunciando, in partenza, a combattere – come forse, pure, sarebbe stato giusto ed auspicabile – una battaglia di principio per scongiurare il rischio che nel nostro Ordinamento, in relazione al solo telemarketing, trovi ingresso il principio dell’ opt-out ovvero quello in nome del quale il trattamento dei dati personali dell’interessato è consentito salvo che questi non manifesti una volontà di segno contrario.
L’idea alla base delle diverse ed autonome iniziative dei Senatori Belisario, Pardi e Lannutti da una parte e di Altroconsumo dall’altra e che, se proprio è indispensabile onerare i consumatori del fastidio di dover rappresentare la propria volontà di non essere disturbati da chiamate promozionali, almeno a tale onere si possa provvedere una volta e per sempre e non ci si debba, piuttosto, preoccupare, come previsto nel testo originario, di “rinnovare” tale desiderio di essere lasciati in pace ogni 24 mesi.
È infatti evidente che attraverso tale previsione gli estensori dell’originario disegno di legge mirano a far sì che gli utenti ed i consumatori, con il passare degli anni, dimentichino di rinnovare la propria manifestazione di volontà negativa e finiscano così con il tornare a rappresentare ghiotti obiettivi per le campagne di telemarketing.
Un altro principio che corre trasversalmente lungo l’intero fronte del no è rappresentato dall’idea per la quale – contrariamente, anche in questo caso, a quanto voluto dagli estensori dell’originario disegno di legge – sino a quando il registro destinato a raccogliere le manifestazioni di volontà dei cittadini ed utenti non sarà stato implementato i telefoni dovranno restare in silenzio.
L’attuale formulazione della norma prevede, invece, che sino a due mesi dopo l’istituzione del registro negativo i numeri di telefono dei cittadini italiani possano continuare ad essere utilizzati in barba alla disciplina sulla privacy ed in forza di un’ulteriore proroga dell’attuale regime transitorio introdotto con il decreto milleproproghe dello scorso anno attraverso il quale si previde di derogare – appunto per dodici mesi – alla disciplina vigente e di rendere utilizzabili i citati dati.
Si tratta di richieste ragionevoli e di buon senso che – se davvero l’interesse degli estensori del disegno di legge è quello di tutelare in modo più efficace di quanto sia sin qui accaduto la privacy dei cittadini italiani e non piuttosto quello di favorire uno specifico comparto industriale – meriterebbero di essere accolte. Nelle prossime ore, magari, ciascuno nel suo piccolo potrebbe fare qualche telefonata o inviare una mail ai nostri rappresentanti in Parlamento chiedendo di non deluderci.
Considerato l’oggetto e lo scopo della telefonata, non credo ci risponderanno di non disturbare: ma se lo facessero avremmo comunque loro consentito di toccare con mano cosa significa ricevere una telefonata indesiderata solo perché qualcuno ha i nostri recapiti e noi ci siamo dimenticati di rendere pubblica la nostra volontà di non ricevere comunicazioni promozionali.
Guido Scorza
Presidente Istituto per le politiche dell’innovazione
www.guidoscorza.it