Per i governi di mezzo mondo la Rete rappresenta un ambiente di liberi propaganda e reclutamento per le armate del Terrore: i Palazzi chiedono a gran voce l’intervento degli intermediari, gli intermediari, strattonati tra il proprio ruolo neutrale e la necessità di accondiscendere alle richieste di politici che si ergono a portavoce di una società civile terrorizzata, intervengono con soluzioni declinate in base ai servizi delle piattaforme che gestiscono.
La loro collaborazione è stata invocata a più riprese da entrambe le sponde dell’Atlantico, e anche dalle Nazioni Unite , ma è dal Regno Unito che emergono parte delle strategie che soggetti come Google, Facebook e Twitter si stanno impegnando ad adottare per mostrarsi reattivi rispetto alle richieste dei rappresentanti di cittadini atterriti dalle recenti ondate di violenza.
Chiamati in causa nel dibattito parlamentare, Facebook e Twitter hanno già acconsentito a rimozioni di post e account che propugnino contenuti estremisti, agendo nel tentativo di rispettare le leggi dei diversi paesi in cui operano, in bilico tra il diritto del cittadino ad esprimersi e informarsi e la tutela della sicurezza.
Google, invece, ha scelto di sfruttare le proprie tecnologie e i propri servizi per operare anche in maniera propositiva: “Dobbiamo impegnarci per rimuovere i contenuti dannosi – ha spiegato il rappresentante di Google Anthony House, facendo ad esempio riferimento agli oltre 14 milioni di video estremisti rimossi da YouTube solo nel 2014 – ma è anche estremamente importante che le persone siano in grado di trovare informazioni utili, che quando si sentono isolate e si rivolgano alla rete trovino speranza”.
Oltre a rendersi meno accogliente rispetto agli estremismi, Mountain View ha dunque scelto di adottare un programma simile a quello messo in atto fin dal 2010 per offrire supporto a coloro che cercassero informazioni correlate al suicidio: quando gli utenti digiteranno parole chiave che hanno a che fare con l’odio e con il terrorismo , ha spiegato House, i risultati di ricerca offriranno loro anche dei risultati attinti da organizzazioni che operano contro gli estremismi . Attraverso il programma Google Ad Grants la piattaforma AdWords, verranno selezionate delle ONG le cui pagine web saranno mostrate in posizione rilevante nella SERP, quelle già dedicate all’advertising: saranno queste organizzazioni a selezionare le keyword, e quindi a definire i terrorismi e le loro matrici, e a delimitare il confine tra ricerche orientate dalla violenza e ricerche eseguite per documentarsi .
Le iniziative sollecitate presso gli intermediari, però, non solo l’unico strumento al servizio dei governi che vogliano epurare la Rete da ciò che terrorizza i cittadini e che alimenta i loro proclami: la Francia, dal canto suo, oltre a ordinare l’inibizione dell’accesso ai siti del terrore, aspira a punire coloro che in Rete visitino i siti ritenuti inopportunamente a favore del terrorismo . Il Senato francese ha approvato l’articolo 10 della proposta di legge antiterrorismo che prevede due anni di carcere e 30mila euro di multa per coloso che consultino “abitualmente” siti che ospitino messaggi o immagini correlati ad atti di terrorismo o che si macchino del reato di apologia di terrorismo. Si tratta di una idea lanciata fin dal 2012 dall’allora presidente Nicolas Sarkozy, introdotta nel codice penale come aggravante, e rilanciata sull’onda dei fatti di Parigi: nel corso di questi anni, i criteri per l’individuazione dei siti terroristici, la definizione di “consultazione abituale” e le strategie di identificazione degli utenti a partire dai loro indirizzi IP non sono ancora stati delineati.
Gaia Bottà