In occasione del quinto EU Internet Forum ecco nascere le basi di quello che intende essere un passo avanti nella lotta al terrorismo online da parte dell’Unione Europea. Se in passato gli sforzi sono andati nella direzione di una reazione a quanto avveniva, nell’urgenza di dover reagire alle troppe offensive che il terrorismo ha portato avanti anche sfruttando le risorse digitali, ora l’obiettivo è invece quello di accelerare le procedure per poter arrivare ad una reazione istantanea.
La velocità è tutto: solo con una reazione effettivamente immediata è possibile frenare la viralità dei contenuti di propaganda terroristica, sopendo così a priori anche le velleità dei terroristi stessi che grazie al Web hanno trovato enormi vetrine di reclutamento e propagazione del fanatismo. A suo tempo l’europa ha già portato avanti limiti specifici alle piattaforme online, alle quali è stata imposta un’ora di tempo massimo per reagire in caso di improvvisi fatti di natura terroristica. Ma imporre regole non basta: servono coordinamento, dialogo e cooperazione. Nasce di qui l’idea di un protocollo di crisi (“EU Crisis Protocol“) ove, se ognuno farà la propria parte, si potrà giungere ad un risultato importante in termini di sicurezza dei cittadini.
EU Crisis Protocol contro il terrorismo
La Commissione Europea ha comunicato in occasione del Forum che attorno al protocollo vi sono nomi quali Facebook, Twitter, Google, Microsoft, Dropbox, JustPaste.it e Snap: non una iniziativa isolata ed estemporanea di mera matrice politica, insomma, ma una iniziativa coordinata e transnazionale per costruire un comune tavolo di lavoro. L’idea è che occorra creare un coordinamento tale per cui, in caso di crisi (per sua definizione imprevedibile, improvvisa e pericolosa) si possa agire secondo modus operandi preparati a tavolino e progettati per giungere in tempi rapidi alla rimozione dei contenuti, al soffocamento della loro propagazione ed al reperimento delle informazioni necessarie per identificare i responsabili.
In particolare il protocollo prevede che:
- autorità statali, Europol e altre entità di controllo possano rispondere in modo istantaneo con la certezza di colpire i contenuti violenti eventualmente diffusi online;
- i content provider possano offrire, su base volontaria, le informazioni relative ai contenuti incriminati (url, metadata, media correlati), “in modo sicuro e in tempo reale”;
- il protocollo non va a sostituire né vuol essere di ostacolo ad eventuali leggi nazionali già in essere su questo fronte: vuol essere semmai la base per un lavoro collettivo, su base continentale, per rendere più efficaci le singole azioni nazionali.
Il progetto è portato avanti da Dimitris Avramopoulos, commissario europeo alla migrazione e agli affari interni, forte promotore dell’EU Internet Forum e oggi portavoce di questa nuova iniziativa per un patto collettivo contro il terrorismo online.
Il protocollo di crisi
Il protocollo deve prevedere regole specifiche per ogni fase:
- identificazione di un incidente;
- notifica dell’incidente alle parti interessate (stati, service provider, Europol) in tempi minimi;
- coordinamento e condivisione delle informazioni, così che ognuna delle parti possa assolvere al meglio e immediatamente ai propri compiti: le parti devono soprattutto nominare i punti di contatto più efficienti a tal fine;
- report post-crisi, per fare il punto della situazione ed evolvere ulteriormente il protocollo ed i tempi di reazione.
Gli obiettivi fissati (pdf) sono tre:
- possibilità di assicurare i cittadini circa la capacità delle autorità di gestire la crisi con tempistiche immediate;
- mitigare immediatamente e con la massima efficacia ogni qualsivoglia tensione conseguente ad una crisi;
- prevenire il diffondersi di fake news, affinché ad un problema non se ne sommino di ulteriori, peraltro di ancor più difficile gestione.