Dal punto di vista del ritorno economico l’investimento da 1,5 miliardi di dollari in Bitcoin annunciato nei giorni scorsi da Tesla è ineccepibile: di lì a poco la moneta virtuale ha visto impennarsi il proprio valore raggiungendo un nuovo record storico e generando di conseguenza un forte guadagno. Osservando invece la mossa attraverso la lente della sostenibilità qualche dubbio sorge.
Il maxi-investimento Tesla in BTC cozza con la vision sulla sostenibilità
Il mining di Bitcoin, così come quello delle altre criptovalute, è un’operazione energivora. Quanto? Secondo una stima formulata nel luglio 2019 il consumo a livello globale era allora superiore rispetto a quello attribuito a uno stato come la Svizzera (60,45 TWh all’anno), mentre oggi è raddoppiato (121,05 TWh all’anno) piazzandosi tra Argentina e Norvegia. Un problema che si concentra soprattutto in paesi come Cina e Iran tanto da arrivare nei casi limite a mettere in difficoltà le reti di distribuzione in alcune aree specifiche.
Sebbene le transazioni del mondo crypto avvengano esclusivamente in digitale tra i nodi delle blockchain delegate alla loro gestione, le ripercussioni dell’attività sono tangibili nel mondo reale. Maggiori sono le richieste di validazione dei movimenti, più elevato è l’assorbimento di energia da destinarvi con tutto ciò che ne consegue in termini di impatto sull’ambiente.
Rimane da capire se Tesla ne farà in qualche modo menzione o se affronterà il tema apertamente, così come già avviene per le emissioni legate al ciclo vitale dei suoi veicoli. Le cifre relative ai consumi riportate in questo articolo fanno riferimento allo studio condotto dal Cambridge Centre for Alternative Finance.