Bloomberg scaglia l’ennesima accusa contro uno dei pezzi grossi del mondo delle criptovalute, ossia Tether. Laddove l’etichetta di stablecoin sembra creare un ombrello a tutela degli utenti, da tempo strisciano invece sospetti gravosi che pesano sulle prospettive dell’asset. Le cattive sensazioni che si respirano sono tutte in quella parola che ripetutamente torna nelle cronache di queste ore e nei commenti correlati: “Ponzi“.
Tether, nuove accuse da Bloomberg
Questa è l’ombra lunga che si allunga sul Tether: uno schema Ponzi evoluto, una malcelata truffa, un inganno destinato ad esplodere. Chi crede e investe nelle criptovalute non solo non crede in questa visione, ma ne denuncia anzi il sapore conservativo di un certo establishment finanziario – a maggior ragione se la fonte delle nuove accuse è Bloomberg. Ma si tratta di accuse pesanti, legate al reale supporto economico che dovrebbe garantire la stablecoin durante la propria evoluzione.
Accuse nuove? Macché. Così il Sole24Ore pochi mesi or sono:
[…] lo schema delle monete virtuali è essenzialmente: una struttura piramidale con il token concentrato nei portafogli dei primi entranti, un rendimento prefissato e riconosciuto a chi mette a disposizione capacità di calcolo, ed alla fine la necessità di continui nuovi entranti per sostenerne il valore. Se non lo volete chiamare schema Ponzi va benissimo, possiamo anche chiamarlo Pippo, ma così è.
E ancora, a proposito della specificità del Tether:
può esser fondato il dubbio che, in assenza di ogni regola e supervisione, si possa utilizzare l’emissione di dollari virtuali in modo un po’ disinvolto. Così, se non ci sono sufficienti nuovi entranti che portano dollari veri, il valore del bitcoin o di altre valute potrebbe esser sostenuto con la sola emissione di dollari tether. Se si emette ex-novo un dollaro tether e lo si usa per l’acquisto di parte di un bitcoin, attivo e passivo si compensano, 100% di riserva rimane soddisfatto.
I dubbi sollevati da Bloomberg annidano le proprie radici sui medesimi dati, che Tether sbandierava in primavera in segno di trasparenza: solo una piccola parte dei miliardi di dollari virtuali sono effettivamente in cassa, per il resto invece non se ne conoscono supporto ed entità. Ancora una volta: nulla di nuovo. Soprattutto, nulla di nuovo nel lungo ciclo della storia, ma questa volta con qualche aggravante in più: come Bernie Madoff, più di Bernie Madoff, molto peggio di Bernie Madoff.
NEW: If the trolls are right, and Tether is a Ponzi scheme, it would be larger than Bernie Madoff’s. So we set out to solve the mystery.
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— Bloomberg Crypto (@crypto) October 7, 2021
Nelle criptovalute ci si crede e ci si investe (magari passando per un account demo), o non ci si crede e si sta alla larga. Per ora, infatti, lo schema è noto: alti rendimenti, forti alti e bassi, alta dose di rischio da scontare. Tutto sta in come si entra e come si esce – nonché nella consapevolezza usata in entrambi i momenti.