Per parlare dell’ultimo libro di Baricco, The Game, bisogna cominciare da quello uscito una decina di anni fa: “I barbari”, del quale The Game sarebbe, stando anche al racconto dello stesso autore qualche mese fa su Repubblica, l’epigono nerd.
“I barbari” era un libro bellissimo, e a suo modo era sembrato definitivo, conclusivo. Ecco perché non era scontato trovare una lunga e chiarissima spiegazione della relazione tra quel libro e questo. Di mezzo c’è la necessità, sentita da Baricco, di tornare dopo diversi anni nella Silicon Valley e stabilire per una stramaledetta volta se il cliché della civiltà in pericolo – per molti versi una teoria errata e fortemente criticata nei Barbari – aveva bisogno di un aggiornamento dal cuore del luogo che giustificherebbe, più di ogni altro, qualche timore.
The Game
Nel saggio, Baricco compie un rovesciamento splendidamente suggerito al lettore: smettiamo di pensare che la tecnologia cambi la nostra mente e partiamo col percepire, tornando al sotterraneo di tutti questi cambiamenti, quel cambiamento mentale senza il quale queste tecnologie non sarebbero state concepite. Già questo varrebbe la lettura delle oltre 300 pagine del libro, ma l’autore poi incomincia una ricostruzione geografica della “dorsale della rivoluzione digitale” che è un capolavoro. Un geologo del digitale, invece del solito guru: ecco di cosa avevamo bisogno. E così, pazientemente, scientemente, come un Alberto Angela alle prese con geografie però ancora tutte da disegnare, con un piccone fatto di cultura, curiosità, metodo di osservazione e quello stile personale col quale dà del voi ai suoi lettori, Baricco parte dagli anni Settanta di Space Invaders, passa da Amazon e Google, arriva ai social, va anche oltre, agli scenari futuribili di Internet e del Web e si aiuta con disegni dove ad ogni nuovo capitolo si alzano catene montuose, giganti che hanno spazzato il cielo, cambiato l’aria, ridisegnato ciò che vediamo e pensiamo, le direzioni che prendiamo.
Non c’è quasi pagina dove non ci sia almeno una idea interessante o un concetto magari già noto, ma spiegato meglio. La smaterializzazione dell’esperienza di gioco, il cambiamento degli scenari interiori mentali loro conseguenza, l’aumento delle potenzialità come prodromo di una liberazione. Un “Uomo fatto diversamente”.
L’idea di un’umanità aumentata ha iniziato a farsi strada e l’idea di farne parte è risultata più avvincente di quanto paurosa non fosse, in partenza, l’eventualità di esservi deportati. Così abbiamo finito per concederci a una mutazione di cui per un certo tempo abbiamo apertamente negato l’esistenza – abbiamo destinato la nostra intelligenza a usarla piuttosto che a boicottarla. Annoto che la cosa ci ha portato, tra l’altro, a considerare la chiusura delle vecchie latterie nulla più che un inevitabile effetto collaterale. In un tempo molto veloce ci siamo messi ad aprire locali che sono citazioni di vecchie latterie: è il nostro modo di dire addio al passato, metabolizzandolo.
Non si dica che non siamo tipi geniali.
L’avvento dell’Uomo del Gioco, per parafrasare un po’ (giocando…) Nietzsche è un’immagine potente e interessante: alla luce delle riflessioni di questo saggio che tutti dovrebbero leggere (chi può sentirsi escluso da tutto questo, da questo schema fondativo della nostra era?) si può dire che stiamo parlando di una civiltà che nasce, mentalmente e ormai geneticamente come soluzione di una classe ben precisa e “non calcolata” di intellettuali libertari, quei nerd-ingegneri-hippie – di cui Baricco racconta storie gustosissime e romanzesche a partire dalla leggenda Stewart Brand – che hanno preso molto sul serio la promessa democratica.
Insomma, alla fine The Game cosa dice? Non vi roviniamo la lettura, è troppo bello per rischiare di non farvelo leggere. Mettiamola così: The Game è l’habitat nel quale, volenti o nolenti, il tocco umanista, sensibile, correttivo, che tanto ci manca e non è solo snobismo ma è davvero importante per non cascare in una dittatura, deve fare il suo senza tante lamentele. Si sta al gioco del Gioco. Come l’altro ventricolo del cuore di un’umanità che si è arrogata il diritto sistematico di muoversi in uno spazio a restrizioni tendente a zero e con regole incredibilmente pericolose – ma anche sfidanti – per i rapporti collettivi e il pensiero complesso: design piacevole | soddisfazione sensoriale | ripetizione di uno schema riconducibile al sistema binario 0/1, come ad esempio problema/soluzione | brevità assoluta tendente a zero tra questi due input | fruibilità immediata | esibizione dei punteggi | apprendimento tramite l’uso e non lo studio.
Non sta andando così, esattamente così, con la politica? E da essa, tutto il resto? Se avete intuito cosa c’è in ballo, avete capito perché The Game è probabilmente il libro dell’anno.
The Game è disponibile su Amazon (
libro –
ebook) e l’autore sarà presente in queste ore all’apertura dell’Internet Festival di Pisa per presentare il suo nuovo saggio.