Roma – Nel tentativo di rendere giustizia a una figura per troppo tempo negletta, il regista Morten Tyldum e lo sceneggiatore Graham Moore mancano parzialmente il bersaglio: il risultato complessivo, per una pellicola ben girata, è un buon film che parla di pregiudizi e stereotipi in un momento di grandi sconvolgimenti sociali e politici a cavallo della Seconda Guerra Mondiale. Ma che poco o nulla ha realmente a che fare con la vita e l’opera di Alan Turing .
Rispetto al più discutibile Enigma del 2001 , diretto in quell’occasione da Michael Apted con un’inspiegabile rimozione del nome di Alan Turing dalla scena sostituito da un certo Thomas Jericho, The Imitation Game gioca in un campionato completamente diverso: tanto era un succedaneo di spy-story hollywodiano quello, tanto è un dramma sentimentale questo (pur non trasformandosi in un romanzo d’appendice). Un buon film, come detto, con un’ottima interpretazione di Benedict Cumberbatch che divide la scena con comprimari tutti molto convincenti: quello che manca è la restituzione completa della figura dello scienziato, messa in secondo piano davanti all’esigenza di raccontare altro.
Va detto che The Imitation Game mette in chiaro il merito avuto dai crittografi di Bletchley Park nel decifrare i codici nazisti e il loro contributo nella vittoria degli Alleati (meno evidente è la scelta da parte del Regno Unito di puntare su di loro: anzi dalla sceneggiatura sembrerebbe quasi che li ostacolino al principio). Allo stesso modo ad Alan Turing viene tributato un rispettoso omaggio per la convinzione con cui porta avanti le sue idee relative al calcolo automatico , e per la qualità della macchina elaborata per forzare la cassaforte cifrata che teneva in scacco le Forze Armate inglesi. Da questo punto di vista non si tratta di un semplice scienziato ingenuo in balia degli eventi come nella precedente pellicola, ma inevitabilmente l’impostazione dello sceneggiatore lo trasforma nella classica figura del genio incompreso, che si scontra con l’ottusa opposizione di superiori incapaci e qualche zelante poliziotto bigotto.
Il punto attorno a cui ruota realmente The Imitation Game è il pregiudizio e lo stereotipo che permea la società: pregiudizio che penalizza Alan Turing, quando si scopre pubblicamente la sua omosessualità, stereotipo che condiziona la vita di Joan Clarke (Kiera Knightley) che si ritrova in un campo dominato dagli uomini (la matematica) e che stenta a ritagliarsi uno status sociale di donna indipendente ed emancipata al quale oggi siamo abituati. Per Turing nel film il problema è riuscire a decifrare Enigma senza che nessuno scopra il suo segreto, che potrebbe costargli il posto, e approfittando dell’aiuto di Joan Clarke che tuttavia in quanto donna sola non ottiene quanto le spetterebbe di diritto: un posto da scienziata, quale ella è. La vera guerra non sembra tanto quella combattuta sul fronte contro i Nazisti, quanto quella vinta in uno sperduto campus inglese da due matematici contro il perbenismo dei loro compatrioti .
Come sottolineato da più di qualche critico , la scelta di ritrarre in questo modo il personaggio di Turing ha regalato senza dubbio a Cumberbatch una parte formidabile da interpretare (e lo fa bene), ma ha tagliato le gambe a qualsiasi pretesa di ricostruzione storica del personaggio . Alan Turing era una persona diversa da quella descritta dalla pellicola, almeno stando ai suoi biografi, e senza dubbio aver approfondito maggiormente la problematica dell’omosessualità rispetto a quella della scienza è una scelta dettata dalle esigenze narrative. The Imitation Game restituisce dignità ad Alan Turing e alla sua memoria, ma si concede un po’ troppo alla drammatizzazione allo scopo di rendere la storia credibile nel buio della sala.
Nel complesso , The Imitation Game è una bella pellicola drammatica che vale la pena andare a vedere al cinema. Ma non è un cosidetto bio-pic , non è un film sulla vita di Alan Turing e non è un documentario . È per l’appunto un film drammatico, che racconta le difficoltà di un personaggio realmente esistito, e come tale ha molti pregi: l’interpretazione attoriale è di ottimo livello (non sarebbe strano vedere Cumberbatch concorrere per un Oscar) e lo stesso si può dire per la sceneggiatura e il resto degli elementi tecnici. Impressione di chi scrive è che il film si concentri troppo nel cercare di far passare allo spettatore un messaggio contro la discriminazione delle diversità: quella di Alan Turing è senza dubbio una storia che vale la pena raccontare, anche in questo senso, ma che non si esaurisce in un presunto suicidio spettacolare, da parte di un individuo umiliato dalla stessa società che pochi anni prima aveva contribuito assieme ad altri a salvare.
The Imitation Game sarà in sala a partire dal 1 gennaio 2015.
Luca Annunziata