Nella serata di ieri il Garante Privacy ha diramato un comunicato nel quale esplicitava i termini dell’ammonizione inviata a TikTok: al social network è stata intimata l’immediata e temporanea sospensione del trattamento dei dati degli utenti dei quali non sia stata verificata l’età. I fatti sono quelli noti: il Garante è voluto intervenire in modo radicale dopo che la morte di una ragazzina di 10 anni a Palermo ha alzato l’attenzione attorno alla cosiddetta “Blackout Challenge” (elemento su cui le indagini ancora non hanno dato conferme ufficiali) ed al fatto che una ragazzina di 10 anni in quelle ore era sul proprio smartphone, regolarmente attiva su un social network che dovrebbe teoricamente richiedere una età minima di 13 anni.
Age Verification
Non è chiaro quali possano essere le conseguenze della richiesta del Garante. La sospensione del trattamento ha infatti lasciato supporre una necessaria sospensione delle attività, cosa che però al momento non è successa. L’obbligo scatta comunque dal momento in cui la notifica viene ricevuta, non dal momento in cui il comunicato è diramato: i silenzi delle parti in causa non consentono dunque di comprendere cosa stia effettivamente succedendo in queste ore.
Appare chiaro, invece, cosa sia successo nelle ore precedenti. Il tema è infatti stato enucleato chiaramente da Guido Scorza, relatore del provvedimento portato avanti dal Garante.
#cosedagarante | Quelli dalla parte dei bambini, sono i provvedimenti in calce ai quali è più bello mettere la propria firma da relatore https://t.co/vSv253EE0C | Un grazie speciale agli uffici del #garanteprivacy per la passione e l'impegno dedicato all'iniziativa
— Guido Scorza (@guidoscorza) January 22, 2021
Scorza, infatti, nelle ore precedenti al provvedimento spiegava ciò che stava per essere posto in essere:
Il problema non è, ovviamente, la tecnologia, non è l’idea di socializzare attraverso un’app e/o il web, confrontarsi con amici lontani e vicini attraverso lo schermo di una smartphone o la cam di un PC, né lasciar correre la fantasia e dar sfogo alla creatività nella dimensione digitale.
Tutto questo appartiene semplicemente ai bambini e agli adolescenti di questa stagione del mondo come alla nostra appartenevano giochi e ritrovi diversi, né migliori, né peggiori, né meno pericolosi, né più pericolosi perché c’è poco che si sperimenti per la prima volta, senza adeguati strumenti cognitivi, che possa definirsi davvero non pericoloso.
Il problema è che c’è social network e social network come c’è gioco e gioco in tutti i grandi parchi dei divertimenti in giro per il mondo e programma televisivo e programma televisivo nella nostra televisione. Non tutti sono adatti allo stesso pubblico. E i bambini vanno tenuti fuori da social network disegnati, progettati e gestiti pensando a un pubblico adulto.
[…]
E, ora, è da qui che dobbiamo ripartire.
La soluzione – ovviamente imperfetta e non a costo zero come tutte le soluzioni di governo dell’universo digitale – si chiama age verification: una bambina di dieci anni non può essere lasciata entrare in un social network che dovrebbe, al massimo, accettare a bordo, per legge, maggiori di quattordici anni e che è dubbio possa lasciare entrare maggiori di tredici anni e il gestore di quel social network ha un obbligo prima etico e morale e poi giuridico di evitare che questo accada adottando, appunto, idonee soluzioni di verifica dell’età perché, naturalmente, il bambino che vuole entrare ci mette un istante a raccontare di avere tredici o quattordici anni anche se ne ha dieci.
La soluzione immaginata da Guido Scorza è legata alla “age verification“: solo quando il social verifica l’età di una persona può essere certa che sia autorizzata a fruire dei servizi del social network. Sebbene in linea di principio questo aspetto possa essere superficialmente condiviso da chiunque, vi sono molti elementi che invece restano aperti, creando enormi difficoltà attorno a questo tema.
Questioni aperte
Le domande sono aperte:
- se le televisioni non sono obbligate a verificare chi stia guardando un programma vietato ai minori, perché dovrebbe farlo un social network?
- quale può essere lo strumento di “age verification” ideale per certificare l’età ma vietare il trattamento di troppi dati da parte del social?
- perché immaginare questo provvedimento solo nei confronti di TikTok quando qualsiasi social condivide medesimi pericoli e medesime pratiche nella verifica dell’età?
Ognuno di noi ha opinioni proprie su temi tanto complessi, ma una sintesi sembra essere ad oggi molto complessa poiché in ballo v’è il bilanciamento di molti diritti nel campo di quella che ha sempre di più le sembianze di una deregulation istituzionalizzata dall’assenza di principi chiari nell’affrontare il discorso. Problemi resi cronici da anni di dibattiti sterili e spesso inquinati. Ora, di fronte alla morte, si arriva a decisioni improvvise che rischiano di passare per impulsive, con tutti gli strascichi del caso.
“Accertare l’età non significa verificare l’età“, precisa Scorza in un tweet: “La sintesi è nemica dell’analisi ma distinguere un bimbo di 10 anni da un ragazzino di 13, magari con un margine di errore, credo sia un risultato ormai accessibile per chi sa di noi più di noi stessi“. Come a dire: se non c’è una verifica puntuale, almeno il social dimostri impegno in tal senso.
Il vaso di Pandora è stato aperto e questo è un merito innegabile. Al tempo stesso ora andrà ricomposto, riportando i problemi ad un ordine tale da poter arrivare a sviluppare risposte coerenti. Altrimenti sarà ancora una volta caos e deregulation.