Considerando la forte crescita registrata lo scorso anno a livello globale, non stupisce che TikTok abbia scelto di pubblicare il suo primo Rapporto sulla Trasparenza, in modo del tutto simile a quanto fanno gli altri principali social e più in generale le grandi aziende che si trovano nella posizione di gestire le informazioni caricate o condivise dagli utenti.
Il primo Rapporto sulla Trasparenza di TikTok
Il documento si riferisce a un periodo di sei mesi, quello che va dall’1 gennaio 2019 al 30 giugno 2019. Focalizzando subito l’attenzione sull’Italia si apprende che le richieste per l’accesso ai dati ricevute dalle autorità sono state tre in totale (tutte per account differenti), due per questioni legali e l’altra per una non meglio precisata emergenza. La piattaforma di ByteDance ha acconsentito a fornire quanto chiesto in una sola occasione. Dando un’occhiata alle statistiche degli altri paesi, il record per quanto riguarda il volume di domande è stato registrato in India (107). Arrivano poi Stati Uniti (79) e Giappone (35).
Passando invece alla tabella del report in cui sono indicate le richieste per la cancellazione dei contenuti, dall’Italia in un semestre ne è giusta soltanto una, peraltro non accolta dalla piattaforma. Anche in questo caso il record spetta a India (11), Stati Uniti (6) e Giappone (3).
Le richieste ricevute invece per motivi legate all’infrazione di copyright sono state complessivamente 3.345 (il Rapporto sulla Trasparenza non le suddivide per territorio), portando alla rimozione dei post interessati nell’85% dei casi.
La Cina (dove ha sede ByteDance, società che controlla l’app) nemmeno compare nell’elenco, né per quanto concerne le richieste di accesso né per la rimozione dei post: in entrambi i casi il numero è pari a zero. È in ogni caso bene specificare che l’azienda sul mercato locale offre un’altra applicazione, simile per quanto riguarda interfaccia e modalità di interazione a TikTok, ma differente se si considerano le policy che ne regolano il funzionamento: si chiama Douyin.