Il CEO di Apple Tim Cook ha cercato di spiegare la decisione di rimuovere dall’App Store accessibile dalla Cina le app che offrono servizi VPN, parlando semplicemente di obblighi di legge .
La rimozione da parte di Apple delle app che offrono servizi per creare reti virtuali private dal suo App Store accessibile in Cina segue la decisione delle autorità locali di chiudere il cerchio della censura online proibendo tali scappatoie.
A inizio luglio , infatti, il Governo di Pechino ha annunciato che entro il primo febbraio gli Internet Service Provider saranno obbligati a bloccare gli accessi individuali alle reti virtuali private: ultima mossa della politica di controllo assoluto del Presidente Xi Jinping su Internet. Un sistema talmente mastodontico da essere comunemente noto come “Grande muraglia digitale cinese” e che fino alle settimane scorse lasciava come unica via di uscita agli utenti locali i servizi VPN che permettevano alla loro connessione di risultare come proveniente da un diverso Paese.
Tim Cook spiega proprio questo: “La Cina ha iniziato a portare avanti nuovi sforzi per implementare tale politica e noi, anche se non vorremmo rimuoverle, come facciamo in altre nazioni seguiamo la legge del Paese dove facciamo business”. In particolare in vista del lancio dell’iPhone del decimo anniversario, infatti, è cruciale evitare rischi di bandi nel proficuo mercato cinese.
Tuttavia, quello che veniva e viene contestato ad Apple è proprio la scelta di parlare di “business” e non di diritti . In pratica la paura è che per seguire le imposizioni di Pechino stia imboccando una via pericolosa in ottica futura, in particolare considerando le recenti mosse della Russia, anch’essa a lavoro su una legge anti VPN. Insomma, per osservatori e utenti interessati, Cupertino avrebbe dovuto considerare la questione non come una tematica tecnica, ma in quanto collegata a diritti umani fondamentali.
Cedendo alle richieste delle autorità, d’altra parte, Apple spera “che tali restrizioni saranno diminuite, dal momento che l’innovazione ha bisogno della piena libertà di collaborazione e comunicazione”.
Claudio Tamburrino