Si stanno prendendo in questi mesi decisioni importanti per il futuro del sistema delle telecomunicazioni del nostro Paese. Si tratta di decisioni che avranno conseguenze dirette non solo sui diritti e gli interessi economici dei consumatori, ma anche e soprattutto sul livello di apertura del mercato, sulla sua efficienza e concorrenza; purtroppo tutto questo avviene al di fuori delle luci della ribalta dei media mainstream e il rischio evidente è che, quando l’opinione pubblica verrà a conoscenza delle occasioni perdute, anche in questo caso, per introdurre elementi strutturali necessari allo sviluppo di un settore che potrebbe fare da traino alla competitività del nostro Paese, quando si conosceranno nei dettagli le piccole e grandi prevaricazioni dei diritti degli utenti e le distorsioni alla concorrenza sarà purtroppo troppo tardi.
Nella situazione di recessione internazionale nella quale ci troviamo, il rischio è che si usi strumentalmente la crisi per mantenere in piedi e, anzi, rafforzare, barriere concorrenziali e vecchie inefficienze; è proprio in un periodo di crisi, come quello attuale, che si dovrebbero invece trovare gli stimoli e le ulteriori motivazioni per aprire e sbloccare colli di bottiglia e posizioni di rendita che, come è noto, in Italia nel settore delle telecomunicazioni non sono ancora stati intaccati.
Le questioni legate alle tariffe di terminazione mobile e all’ormai improprio ed obsoleto sussidio riconosciuto nel nostro Paese alle reti radiomobili e quelle inerenti, invece, l’accesso alla Rete fissa e le Reti di nuova generazione NGN arrivano contemporaneamente al pettine, sono formalmente sul tavolo dell’Agcom, ma sta anche, e soprattutto, al Governo prendere una decisione chiara e definitiva.
Un taglio netto alle tariffe di terminazione mobile
Le reti radiomobili hanno abbondantemente raggiunto in Italia tassi di penetrazione ben più elevati che in altri Paesi e gli originari investimenti necessari alla loro realizzazione sono stati ampiamente remunerati, continuare a sovvenzionarle non è, dunque, solo contrario agli interessi dei consumatori sulle cui bollette vengono ribaltate tariffe di terminazione esorbitanti e lontane dai sottostanti costi effettivi sostenuti dagli operatori mobili, ma risulta anche pregiudizievole allo sviluppo di un mercato convergente delle telecomunicazioni efficiente e concorrenziale verso il quale dovrebbe essere rivolto l’interesse generale alla modernizzazione del Paese.
Oggi i costi sostenuti dagli operatori mobili non giustificano tariffe di terminazione superiori a 2 eurocent/min ed i nuovi investimenti sono legati semmai a servizi di banda larga mobile e non ai servizi di fonia. Concorrenti con queste necessità sono, tuttavia, le impellenti esigenze di trovare adeguati investimenti per reti di nuova generazione in fibra sul fisso dove le tariffe di terminazione sono già giustamente molto più ridotte. In tale scenario prevedere, pertanto, di mantenere ancora nel 2011 tariffe di terminazione mobile attestate intorno ai 6-7 €cent/min rischia di rivelarsi una misura protezionistica nei confronti dei due maggiori operatori di telefonia mobile, TIM e Vodafone, il cui predominio sul mercato dovrebbe già destare preoccupazioni.
Altroconsumo è confortato nelle sue rivendicazioni dalla consultazione lanciata dalla Commissione europea e dal collegato progetto di Raccomandazione che auspica una riduzione delle tariffe di terminazione mobile ben più netto di quello indicato dall’Autorità nel suo documento di consultazione. Condividiamo l’auspicio espresso con estrema chiarezza dalla Commissaria Reding in questa intervista e concordiamo, in particolare, sul fatto che tariffe di terminazione veramente orientate ai costi stimolerebbero la concorrenza , e scaturirebbero in servizi meno costosi per gli utenti. Purtroppo, però, nonostante le richieste dei consumatori, quelle degli Internet Service Providers, di qualche OLO, e della stessa Commissaria Reding secondo alcuni rumors, sempre più preoccupanti, le iniziali proposte dell’Autorità non sono state ritoccate sostanzialmente, c’è ancora qualche tempo certo e la Delibera dell’AGCOM dovrà passare il vaglio di Antitrust e Commissione europea ma si tratta purtroppo di pareri non vincolanti.
Reti di nuove generazioni: priorità per il Paese, le proposte di Telecom devono essere rigettate
Siamo favorevoli alle Reti di nuova generazione NGN: condividiamo, in tal senso, quanto espresso recentemente di fronte alla IX Commissione Trasporti, Poste e Telecomunicazioni della Camera dei Deputati dal Presidente dell’AGCOM Corrado Calabrò secondo il quale le politiche di radicale rinnovo dell’infrastruttura di telecomunicazioni volte a realizzare in tempi brevi reti a larghissima banda in fibra ottica devono essere una delle priorità del Paese , come lo sono state negli anni 60 quelle relative alla costruzione delle grandi dorsali autostradali.
Chiediamo, tuttavia, che Governo e Parlamento si adoperino perché quello che dovrà essere un vero e proprio piano strategico e di sistema necessario a fare compiere il salto di qualità verso la NGN rimanga coerente con i principi della libera concorrenza e della protezione dei consumatori. Non vi è alcun dubbio, dunque, che in primo luogo occorre rigettare gli impegni presentati da Telecom Italia sui quali si deve esprimere la stessa Agcom, in quanto alcuni sono già dovuti in base alla disciplina vigente, altri rischiano addirittura di avvantaggiare l’ex monopolista (tema più ampiamente trattato qui ).
L’Italia purtroppo non è la Gran Bretagna e l’Agcom non ha l’autorevolezza, l’indipendenza e le risorse di Ofcom (Garante inglese), pertanto la proposta di una annacquata separazione funzionale secondo la quale una divisione separata (Open Access) di Telecom Italia verrebbe a essere soggetta al controllo di un organismo con alcuni membri (peraltro in minoranza) indicati anche dall’Agcom non fornisce francamente una garanzia assoluta per la concorrenza e per i consumatori. Quest’organo di vigilanza non avrebbe peraltro poteri ispettivi e sanzionatori diretti, si baserebbe su resoconti di indicatori forniti dal controllato; in caso di violazioni attiverebbe una procedura che si concluderebbe eventualmente solo con segnalazione al vertice di Telecom. Un po’ come se uno di noi si impegnasse a non superare i limiti di velocità, a non parcheggiare in divieto di sosta, a tenere l’auto pulita ed efficiente e a sorvegliare non fossero i vigili ma un gruppo “indipendente” composto da 3 nostri familiari e 2 vigili.
Peraltro, il gap concorrenziale e la posizione dominante dell’ex monopolista rischiano di aggravarsi sensibilmente con il passaggio alla NGN che potrebbe essere utilizzato da Telecom Italia per sfruttare ulteriormente e con maggior forza l’utilizzo privilegiato della rete per prevalere nei mercati dei servizi e dei contenuti.
Occorre allora a nostro avviso scardinare, in particolare con l’avvento delle NGN, quel meccanismo perverso secondo il quale il collo di bottiglia della rete di accesso è stato fino ad ora utilizzato dall’ex monopolista per ottenere impropri vantaggi concorrenziali nei mercati a valle secondo i c.d. modelli triple e quadruple play e attraverso la promozione di offerte integrate e convergenti. Tale approccio, che ha già accentuato il problema del digital divide, rischia di farlo ancora di più con le reti di nuova generazione in quanto l’ex monopolista è e sarà sempre di più incentivato, seguendo legittimamente il proprio scopo di lucro, a massimizzare la presenza della banda larga nelle aree metropolitane più commercialmente redditizie ed a tralasciare le aree periferiche e rurali. Questo non corrisponde all’interesse generale e, per ovviare a ciò, non solo appare necessaria la creazione di una società separata che gestisca la rete di accesso ma tale società dovrebbe in prospettiva aprirsi a partecipazioni azionarie da parte di operatori di settore, ovvero i concorrenti dell’ex monopolista, così come, eventualmente, da parte dello Stato o altri Enti pubblici.
In questo modello, che alcuni definiscono One network , la società che gestirà la rete dovrà operare secondo linee guida condivise ed approvate dall’Autorità o dal Ministero. Elemento essenziale per poter approdare a tale quadro prospettico di riferimento appare una ridefinizione del servizio universale intesa a ricomprendere l’accesso ad Internet ed alla banda larga con fissazione di una velocità di banda garantita. In questo modo l’accesso alla rete dovrebbe essere inteso come bene comune al mantenimento e allo sviluppo tecnologico del quale tutti gli operatori dovrebbero contribuire per poter continuare ad operare nel mercato delle telecomunicazioni.
Marco Pierani
Responsabile Relazioni Istituzionali di Altroconsumo