Le corti statunitensi continuano a dipanare la matassa del caso PlayPen , forum pedopornografico attivo sulla darknet di Tor il cui sequestro ha portato all’individuazione e all’arresto di più di 100 sospetti. In uno di questi casi il giudice ha stabilito che l’FBI può compromettere il PC di chiunque, e che comunque avere a disposizione un IP di rete equivale a sacrificare la propria privacy.
La decisione in oggetto arriva dal giudice distrettuale Henry Morgan, chiamato a sentenziare sul caso di uno dei succitati arrestati identificato come Edward Matish. Anche lui, come gli altri sospetti pedopornografi di PlayPen, è stato scovato grazie all’adozione di una “network investigative technique” (NIT) in grado di infettare il PC e rivelare l’indirizzo IP reale dell’utente nonostante l’anonimato della rete Tor.
Avere un indirizzo di rete (con o senza Tor) non corrisponde all’avere una ragionevole aspettativa di riservatezza , ha deciso il giudice Morgan , quindi l’acquisizione dell’IP pubblico da parte dell’FBI non equivale alla violazione del Quarto Emendamento della Costituzione USA come sostenuto dall’avvocato della difesa.
E per quanto riguarda la pubblicazione dei dettagli riguardanti questa famigerata network investigative technique , poi, il giudice Morgan ha stabilito che si tratta di un “privilegio esclusivo delle forze dell’ordine” che va protetto dalla legge : quando il dovere del governo di difendere i cittadini dai “pericoli causati dalla pornografia infantile” cozza contro il presunto diritto alla privacy, ha detto Morgan, il governo ha sempre ragione.
La difesa non ha accolto bene la decisione del giudice e ha già dichiarato l’intenzione di ricorrere in appello, mentre il caso PlayPen è tutto fuorché chiuso: le sentenze dei tribunali sono state fin qui sia favorevoli che contrarie alle indagini su Tor da parte dell’FBI, mentre gli sviluppatori della rete a cipolla sono già corsi ai ripari implementando nuove protezioni anti-violazione sul browser ufficiale.
Alfonso Maruccia