Gli sviluppatori di Tor sollevano accuse pesanti nei confronti dei ricercatori della Carnegie Mellon University , colpevoli a loro dire di aver aiutato l’FBI ad attaccare la rete anonimizzatrice dopo aver ricevuto un compenso da un milione di dollari. I federali non avevano un mandato preciso, accusano i creatori della darknet, e il caso rappresenta un precedente pericoloso per le libertà civili e le garanzie costituzionali negli USA.
L’attacco contro Tor “pilotato” dall’università americana risale al tempo del sacco di Silk Road 2.0 , azione di contrasto al redivivo mercato di materiale illegale che secondo le dichiarazioni ufficiali dell’FBI aveva avuto successo grazie alla presenza di un “informatore” interno al servizio nascosto.
La compromissione di Silk Road 2.0 aveva generato preoccupazione e polemica in merito ai possibili problemi di sicurezza della rete a cipolla, preoccupazioni rivelatesi poi fondate con la scoperta e la successiva correzione di una vulnerabilità da parte degli sviluppatori.
Stando alle fonti (anonime) citate sul blog ufficiale di Tor, l’attacco che ha portato alla chiusura di Silk Road 2.0 riguardava proprio la summenzionata vulnerabilità ed era strettamente imparentato con uno studio a opera dei ricercatori della Carnegie Mellon, previsto al debutto pubblico in occasione della conferenza Black Hat del 2014 e infine ritirata a causa di non meglio precisati problemi legali.
Gli esperti americani avrebbero quindi preferito intascare il “premio” offerto dall’FBI per garantire una via di accesso all’interno di Tor, un meccanismo usato dagli investigatori federali per compromettere un indirizzo IP di un membro dello staff di Silk Road 2.0 e infine per condurre l’operazione.
Il comportamento dei ricercatori universitari rappresenta un precedente pericoloso, denunciano gli sviluppatori di Tor, perché l’FBI non aveva un mandato preciso quando ha chiesto loro una mano per deanonimizzare il traffico della rete a cipolla: le azioni “indiscriminate” del Bureau statunitense violerebbero le libertà civili e le garanzie contro offerte dal Quarto Emendamento della Costituzione USA.
Alfonso Maruccia