No, la NSA non ha una backdoor in Linux: nonostante le voci che erano circolate nelle scorse ore , non ci sono prove e soprattutto Linus Torvalds non ha ammesso niente del genere . Si è trattato di una risposta scherzosa a una domanda durante una tavola rotonda tenutasi nel corso della conferenza LinuxCon, e niente di più: ma ci sono molte altre opinioni interessanti che il creatore del kernel open source ha dispensato agli astanti.
La faccenda della backdoor, come è facilmente verificabile nel video, è chiaramente una boutade : con il suo consueto sarcasmo, Torvalds ha annuito con la testa mentre negava a parole qualsiasi tentativo da parte di qualsivoglia servizio di intelligence di mettere il naso nel codice da lui sviluppato o manutenuto. La verifica, per chi proprio fosse scettico , d’altronde è alla portata di chiunque: i sorgenti di Linux sono disponibili per qualsiasi verifica , anche se probabilmente ci vorrebbe un bel po’ per venire a capo delle migliaia e migliaia di linee di codice di cui sono composti.
Più serie e interessanti le considerazioni di Torvalds sull’industria IT. A cominciare dalla celebre legge di Moore , quella che predice il costante aumento delle prestazioni nei sistemi di calcolo: “Tra 5 o 10 anni sono davvero curioso di vedere come l’industria reagirà effettivamente al fatto che presto andremo a scontrarci coi limiti fisici: la gente che parla di migliaia di core su un die grazie alla miniaturizzazione, lo fa chiaramente perché non ha idea della fisica e del fatto che non potremo continuare ad aumentare la miniaturizzazione molto a lungo”. Secondo Linus saranno ostacoli fisici ed economici a frenare la corsa, e a quel punto sarà necessario da parte degli sviluppatori uno sforzo notevole: “Saremo coinvolti a livello kernel perché siamo lo strato tra hardware e software. Cosa succede quando l’hardware non migliora e ci rende magicamente più veloci? Sarà interessante. Forse non succederà tra 5 o 10 anni, magari tra 15, ma succederà”.
Ovviamente Torvalds non esclude altre innovazioni tecniche che possano mutare il quadro, ma ribadisce anche la difficoltà che l’enorme mole del kernel e l’entrata in campo di molte nuove piattaforme hardware come quelle mobile o embedded pone sul capo degli sviluppatori: occorre coinvolgere altri programmatori e istruirli ( magari tramite apposite mentorship ) su come contribuire positivamente e attivamente alla crescita di Linux, in modo tale che continui ad adattarsi ed evolversi negli anni a venire (come ha già fatto nel recente passato o ancora prima) per andare incontro alle nuove esigenze che nasceranno. Ma soprattutto Torvalds auspica che gli sviluppatori diventino più responsabili: non basta scrivere una patch, bisogna documentare il proprio codice ed essere pronti a manutenerlo per essere davvero utili alla community.
Infine, a Torvalds è stato anche chiesto se avesse voglia di provare a sedersi sulla poltrona lasciata vacante da Ballmer in Microsoft. Pare di capire che Linus non sia interessato a trasferirsi a Redmond.
Luca Annunziata